Corriere della Sera, 18 aprile 2019
Biografia di Garcia ex presidente suicida del Perù
RIO DE JANEIRO Due diverse vite politiche – la prima intrecciata con l’Italia degli anni Ottanta – e ora la morte tragica, con un colpo di pistola alla testa per non finire in galera. Finisce così in Perù la storia di Alan García Pérez, 69 anni, due volte presidente di quel Paese, e uno dei politici sudamericani più longevi e poliedrici degli ultimi decenni. García si è sparato mentre un ufficiale giudiziario gli stava consegnando un ordine di carcerazione. Ha chiesto un attimo per andare nel suo studio e telefonare all’avvocato, invece ha tirato fuori una pistola da un cassetto della scrivania. Non è morto subito. I suoi collaboratori hanno sfondato la porta, l’hanno trovato agonizzante e chiamato l’ambulanza. García è spirato qualche ora dopo in ospedale, dopo un inutile intervento chirurgico.
Poco più che trentenne, imponente con il suo metro e 93, García divenne presidente del Perù negli anni del ritorno alla democrazia in Sudamerica, dopo le dittature militari. Onda tragica che risparmiò il Paese andino, ma che venne seguita da un rilancio in tutta la regione dei movimenti che si richiamavano al socialismo democratico.
Il partito di García si chiamava pomposamente Apra, Alleanza popolare rivoluzionaria americana, ma era di estrazione moderata. Vinte le elezioni nel 1985, membro dell’Internazionale socialista, García divenne buon amico di Bettino Craxi, che in lui vedeva l’esempio di un fresco leader socialista in quello che allora si chiamava Terzo Mondo, come alternativa alle spinte più estremiste. Fu solo qualche anno dopo, quando scoppiò Mani Pulite, che si venne a sapere che persino quel lontano Paese era servito al sistema delle tangenti.
La costruzione del metrò di Lima, affidato a imprese italiane delle allora Partecipazioni statali, avrebbe convogliato denaro ai socialisti di entrambi i Paesi dopo una visita di García a Roma nel 1989. Per la vicenda Craxi fu a lungo indagato e poi assolto dopo la morte, mentre García finì tranquillamente in Perù l’anno successivo il suo primo mandato, che viene ricordato in maniera nefasta per altri motivi. Fu un disastro in economia, e portò alla peggiore iperinflazione della storia del Paese. Fece poi esplodere sulle Ande la guerriglia marxista di Sendero Luminoso.
Dopo alcuni anni passati a cercare di farsi dimenticare, García riapparve sulla scena politica nel 2006, dopo che il Perù era passato attraverso il decennio autoritario del «giapponese» Alberto Fujimori e la delusione del suo successore Alejandro Toledo. Stavolta García si propose con successo come paladino del libero mercato. Il suo secondo non fu un cattivo governo e la tendenza positiva dell’economia di quel Paese prosegue fino ai giorni nostri. Il problema invece sono gli elevati livelli di corruzione, e qui arriviamo alla tragedia di ieri.
Tutti gli ultimi quattro presidenti del Perù, e García è tra questi, sono stati accusati di aver ricevuto mazzette per aver manipolato commesse pubbliche. Un’unica società, la brasiliana Odebrecht, è il sole del sistema, una vera multinazionale delle tangenti. Ha corrotto governanti di tutti i Paesi dove ha operato, incluso ovviamente il Brasile, dove le indagini hanno portato tra l’altro alla prigione dell’ex presidente Lula. Ancora una volta, nel caso di García, ci sono di mezzo i lavori per la metropolitana di Lima.