Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  aprile 17 Mercoledì calendario

Così Einstein creò la teoria dei buchi neri

PRINCETON (NEW JERSEY, USA) Princeton, Nassau Street, negozio che vende sciarpe e capi in lana. Si chiama Landau, quando entri ti accoglie una signora sui settanta che ti chiede subito se sei lì per comprare qualcosa o per il museo. Fa ancora freddo qui, la primavera tarda ad arrivare, tutti indossano un impermeabile o tengono in mano un ombrello, le previsioni dicevano pioggia. L’università è dall’altra parte della strada, la casa di Einstein poco più in là. Questo è uno di quei posti che gli intenditori conoscono bene, professori, ricercatori, dottorandi, studenti, tutti scienziati quelli che bazzicano da queste parti.

IL SUO NEGOZIO PREFERITO
Albert Einstein qui ci veniva spesso, era il suo negozio preferito durante il suo soggiorno americano, e quindi gli hanno dedicato un’ala con tanti suoi oggetti, le sue lettere, foto originali, piccole sculture che lo ricordano. La novità è che hanno aggiunto alla loro collezione un poster (che vendono, pure questo) con la gigantografia del buco nero scattata dall’Event Horizon Telescope, e la scritta a caratteri cubitali: «Einstein was right, again». Sì, perché qui non fanno altro che celebrare chi questo buco nero l’aveva teorizzato, gli altri sono venuti dopo. Ci tengono che la storia venga raccontata bene. Il 15 novembre 1915, un lunedì, l’Accademia delle Scienze Prussiane pubblica uno scritto di Albert Einstein con le equazioni di campo della relatività generale. La relatività generale è la teoria della gravitazione, dice che la forza di gravità di Newton è soltanto un effetto della curvatura dello spazio tempo. E i buchi neri sono una conseguenza matematica su cui lui si arrovella.
LE LETTERE DI SCHWARZSCHILD
Poi arriva un certo Karl Schwarzschild, un tedesco che si era arruolato al fronte durante la Prima Guerra mondiale, era un matematico e un astronomo, che mandava lettere ad Einstein suggerendogli, per diletto personale, soluzioni ai suoi quesiti. Einstein gli risponde, e il 22 dicembre del 1915 arriva un’altra lettera di Schwarzschild, questa volta con la prima soluzione esatta delle sue equazioni: fogli pieni di differenziali ed esponenziali. Einstein non perde tempo e il 16 gennaio 1916 fa uscire l’articolo definitivo sulla sua teoria. Schwarzschild muore poco dopo in trincea.
Poi arriva un altro astronomo, stavolta dall’Inghilterra, un certo Arthur Eddington, che munito di macchina fotografica verifica sperimentalmente la sua teoria della relatività generale, in una notte di eclissi di sole. È il 1919. E poi, cento anni dopo, arriva l’ultima foto. Quella della settimana scorsa.
LA TERRA È UN TELESCOPIO
La foto stavolta è scattata dai più grandi centri di ricerca di tutto il mondo, tutti insieme, uniti, in un lavoro di osservazione della galassia durato anni, a 55 milioni di anni luce di distanza. È stupefacente pensare che gli umani oggi possano trasformare la Terra in un telescopio e vedere un buco nero. Un buco nero, una sfera più grande dell’intera orbita di Saturno, con la massa più grande di sei miliardi di Soli. Cosa c’è dentro ancora non lo sappiamo, per ora lo abbiamo solo fotografato.
L’unica certezza assoluta è che sta vendendo poster come nemmeno Che Guevara e Madonna. Questo è quello che avviene qui, al Landau store di Princeton. Dove uno degli argomenti di discussione di questi giorni è il nome da dare al buco nero, al M87, che non può restare questo. Le idee che girano sono tante, al primo posto naturalmente c’è il nome di Albert Einstein, ma qualcuno propone anche Schwarzschild perché è grazie a lui se tutto si è sbloccato. Tra i nomi più suggestivi circola quello di Chris Cornell, il frontman dei Soundgarden che ha cantato “Black hole sun” negli anni ’90. Sarebbe una cosa originale, interessante, chissà se alla Nasa piace la musica rock.
LA TEORIA DIVENTA LEGGE
Altra discussione. Si parla continuamente dei prossimi obiettivi. L’agenzia spaziale giapponese, Jaxa, tra qualche settimana lancia Astro-H, un telescopio che rileva raggi X ad alta energia. Vicino all’orizzonte degli eventi, misurarli sarebbe un dettaglio per capire il movimento. E poi c’è la velocità di rotazione del buco nero da prendere. E poi ci sono le domande sul fatto che il tempo e lo spazio dentro al buco nero hanno altre definizioni. Domande che tutti si fanno, e i fisici ancora di più.
Ma di un’altra cosa sono certi, gli scienziati qui, tutti. La foto del buco nero è bellissima. È la foto della definitiva trasformazione della teoria della relatività generale di Albert Einstein in legge, in principio. I libri di scuola vanno aggiornati. E va scritto ovunque che ha ragione lui, again.