la Repubblica, 17 aprile 2019
Cinque miliardi di risorse bloccate da un algoritmo
C’è un’Italia che sprofonda, frana dopo frana, che affoga sotto banali acquazzoni, che muore di dissesto idrogeologico. E c’è una cassaforte con un tesoretto da 4,9 miliardi di euro stanziato dal governo ma rimasto lì, sotto chiave, per colpa di un algoritmo che – si scopre adesso – starebbe impedendo al ministero dell’Ambiente di utilizzare i fondi.
Dell’anomalia si sono accorti a Palazzo Chigi, dove oggi pomeriggio sarà riunita in tutta fretta l’ennesima cabina di regia, questa volta battezzata “Strategia Italia”, per fare il punto sui ritardi, sugli ostacoli e sulla mancata realizzazione degli interventi infrastrutturali previsti. Anche perché invece poi c’è la parte buona di questa storia, la Protezione civile, fiore all’occhiello nelle mille emergenze, che ha attivato gli interventi per tutti gli 800 milioni di euro a disposizione per il 2019. I riflettori dunque si accendono sul ministero che fa capo a Sergio Costa (quota M5S), già preso di mira nei giorni scorsi dal vicepremier leghista Matteo Salvini quale esempio del «ministero del no, no, no» e dell’immobilismo ambientalista targato cinquestelle.
Ma procediamo con ordine. Per far fronte alla fragilità del territorio italiano e alle frequenti calamità, riconducibili in molti casi al dissesto idrogeologico, il governo gialloverde ha predisposto un piano nazionale approvato dal premier Conte lo scorso 20 febbraio. Vengono stanziate risorse per 10,8 miliardi di euro per il triennio 2019-2021 e parallelamente un “piano stralcio” per interventi di massima urgenza per quest’anno in tutta Italia, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia. Al piano, vengono chiamati a lavorare soprattutto il Dipartimento della Protezione civile e il ministero dell’Ambiente, col compito di selezionare opere da finanziare in via prioritaria nei territori interessati da dissesti o calamità.
Succede però che al primo check dei giorni scorsi, la Protezione civile risulta aver già avviato l’utilizzo di risorse per 800 milioni per quest’anno (52 milioni in Friuli Venezia Giulia, 94 milioni in Veneto, 79 milioni a Trento, 35 milioni in Sardegna, le voci più consistenti).Il problema, stando a un resoconto riservato e informale predisposto dai tecnici di Palazzo Chigi, riguarderebbe il ministero di Costa, al quale sono stati assegnati 3,5 miliardi di euro più 1,4 di risorse del Fondo sviluppo e coesione. Per questi primi mesi del 2019 emergerebbero «notevoli ritardi», nonostante i solleciti per velocizzare almeno gli interventi da realizzare in via prioritaria e impegnare i primi 1,8 miliardi di euro. Dalle informazioni acquisite invece risulta che «il ministero non ha di fatto attivato alcuna delle iniziative di sua competenza per corrispondere all’impegno assunto di stilare un elenco di progetti cantierabili già quest’anno». Il rischio temuto da Palazzo Chigi è che il piano ora resti al palo.
Ma le cose non stanno esattamente così e soprattutto si sta correndo ai ripari cambiando le regole, fanno sapere dal ministero dell’Ambiente, interpellato da Repubblica. È vero che ci sono quelle risorse a disposizione, ma il loro utilizzo e la definizione dei progetti dipende dalla “Piattaforma Rendis”. Di cosa si tratta? Una sorta di cervellone che sovrintende a tutto il funzionamento della macchina. Il ministero, spiegano dallo staff di Costa, può sbloccare i fondi solo quando il progetto è presentato dal Comune interessato e ha ottenuto il via libera della Regione. Ma la Piattaforma è governata da un algoritmo – proprio così – legato alla densità abitativa di ciascun Comune. E il “cervellone” privilegia i centri con il maggior numero di abitanti rispetto a quelli minori e lì la macchina si inceppa. Insomma, un ginepraio burocratico. Per venirne fuori e anche per modificare il funzionamento della piattaforma, il ministro Costa ha predisposto ora un nuovo decreto: il “Cantiere ambiente”, che sarà varato d a uno dei prossimi consigli dei ministri. Nella speranza che nel frattempo un algoritmo non ci seppellirà.