il Fatto Quotidiano, 17 aprile 2019
Borghezio fatto fuori da Salvini. Intervista
“Fossi stato in Salvini invece di rottamarmi avrei puntato sull’usato sicuro. Ci sono rimasto male… Ma io sono un soldato della Lega e rispondo: obbedisco!”. Mario Borghezio è stato una delle colonne del Carroccio che fu. Ai suoi comizi le urla e i vaffa, accompagnati dal gesto dell’ombrello, hanno formato decine di dirigenti lumbard. E bisognava sempre ascoltarlo con attenzione, perché spesso lui, dal palco, diceva quello che Umberto Bossi non poteva dire, con la benedizione occulta del Senatur. Dopo 18 anni di onorato servizio come parlamentare europeo, Borghezio non sarà ricandidato.
Com’è possibile?
Non lo so nemmeno io. I miei colleghi venivano contattati per accettare la candidatura e il mio telefono restava muto. Poi lunedì mattina ho incontrato Salvini in prefettura a Monza, ho chiesto spiegazioni e lui mi ha rassicurato: noi non rottamiamo nessuno. Invece il mio nome nelle liste non c’era. Non candidarmi è un enorme errore politico.
Perché?
Seguire il Parlamento europeo è molto complicato, io stesso ho iniziato capirci qualcosa dopo anni. La Lega, probabilmente quadruplicherà i parlamentari, arriveranno tanti giovani. Ecco, uno con la mia esperienza sarebbe servito. Avrei fatto da guida ai neo eletti nei meandri delle aule di Bruxelles e Strasburgo. E sarei anche stato attento a chi viene imbarcato: nella Lega sta arrivando di tutto. Bisogna avere mille occhi, davanti a dietro.
L’ha chiamata qualcuno?
Non mi hanno fatto nemmeno una telefonata. Ma del resto in questi casi avvertire non è abitudine della casa.
Bossi non l’avrebbe fatto.
Il Senatur mi diceva sempre: tu sei un rivoluzionario, vai avanti così. In Europa credo di aver lavorato bene. L’emendamento Casimirri (la legge votata a Strasburgo per chiedere l’estradizione di Alessio Casimirri, ex brigatista rosso latitante in Nicaragua, ndr) è stato un grande successo. E poi sono sempre qui, tutte le settimane.
Al contrario di Salvini che da europarlamentare non si vedeva mai.
(Borghezio rimane in eloquente silenzio)
La Lega ha sterzato a destra come lei ha sempre predicato. Il successo di Salvini è anche una sua vittoria.
Per primo alla fine degli anni Novanta aveva aperto al dialogo con i movimenti di destra in Italia e in Europa. Che bisognasse parlare col Front National di Marine Le Pen sono stato il primo a dirlo. Ma ormai le definizioni destra e sinistra sono superate. Anche in Europa la contrapposizione è tra chi segue politiche mondialiste o identitarie. Le racconto una cosa.
Prego.
Lo slogan Prima gli italiani era quello della mia ultima campagna elettorale, nel 2014. Salvini se n’è impossessato. Buon per lui perché funziona.
Quanto andrà avanti il governo gialloverde?
Dipende. Lega e Cinque Stelle hanno molti più punti in comune di ciò che si pensa. Tra Salvini e Di Maio c’è feeling anche umano. Ed è un’alleanza che sta dando i suoi frutti, stiamo portando a casa parecchio. Si vedrà.
Farebbe ancora le ronde sui treni contro gli immigrati armato di ddt?
Quelle erano azioni da contestualizzare in quel preciso momento politico. Però del mio passato non rinnego assolutamente nulla.
Le rifarebbe?
No, adesso non è più periodo. Devo stare buono e tranquillo. Sto ancora pagando i 58 mila euro a Cecile Kyenge.
Il tribunale di Milano l’ha condannata per insulti razzisti all’ex ministro: diffamazione aggravata da discriminazione razziale.
Esatto.
Quindi ora cosa farà: passeggiate ai giardinetti?
Sono molto bravo nell’attacchinaggio, anche se sono più lento rispetto a 30 anni fa, quando ho iniziato con i primi manifesti della Lega. E pure nel volantinaggio me la cavo bene. Darò una mano al movimento, come sempre.