Libero, 17 aprile 2019
Toninelli fra treni e migranti
La Francia attende i consigli di Danilo Toninelli sulla ricostruzione di Notre Dame (i successi col ponte Morandi hanno valicato i confini) ma il ministro dei Trasporti preferisce soffermarsi su altre questioni di politica interna e internazionale, per ora. In pratica, nel giro di poche ore, è riuscito a mettere in ginocchio la categoria dei pendolari confermando un taglio di 300 milioni al trasporto pubblico locale e, di passaggio – cambiando lievemente argomento – ad annunciare che se dovessero arrivare migliaia di richiedenti asilo dalla Libia, beh, l’unica cosa da fare sarebbe aprire clamorosamente tutti i porti. Toninelli peraltro ha precisato che questa sarebbe «la linea» governativa, anche se, sull’argomento, l’opinione per esempio di un Matteo Salvini si è rivelata un pizzico diversa, come vedremo. In demenziale sintesi: Toninelli non metterà i fondi per i treni dei pendolari (o così pare) e però apre all’immigrazione di soggetti che peraltro sono soliti riempire i treni dei pendolari.
CONVOGLI FERMI Ma ricominciamo da capo, anche se per farlo è necessario ricostruire l’odioso filo di una serie di «dichiarazioni». C’è un senatore di Bergamo del Pd, Antonio Misiani, secondo il quale l’assessore regionale al bilancio Davide Caparini (Lega) è stato audito alle commissioni bilancio di Camera e Senato e ha confermato che il taglio di 300 milioni al trasporto pubblico locale (quindi ai pendolari) ci sarebbe eccome. Anzi: da quanto inteso, entro dicembre molti treni si fermeranno perché mancheranno i soldi per pagare diverse aziende. Se è vero, è il contrario di quanto aveva strombazzato Toninelli nel febbraio scorso, quando disse che sui 300 milioni destinati al Tpl (trasporto pubblico locale) «non è ammissibile risparmiare né tagliare nemmeno un euro». Non solo. Nel novembre precedente aveva incontrato i vertici di Trenord e chiarito che «c’è tutta la volontà perché la Regione Lombardia e i viaggi in treno dei pendolari siano una priorità, entro febbraio scriveremo un cronoprogramma degli investimenti e degli interventi». Un cronoprogramma, perbacco. Ci credette anche il presidente della Lombardia Attilio Fontana: «Mi sembra che sia cambiata l’aria». Nel gennaio scorso l’aria era più fredda, ma i numeri restavano drammatici. Le risorse erano di fatto oltre il 20 per cento inferiori a quelle del 2009. Continuavano a mancare circa 10 miliardi di euro per le 26 incompiute ritenute fondamentali per tutti i pendolari italiani (5,6 milioni di persone al giorno su treni regionali e metropolitane) mentre le differenze tra regione e regione si facevano ormai imbarazzanti. Per dire: tra Firenze e Bologna c’è un’offerta di treni che non ha paragoni al mondo (162 treni che sfrecciano a 300 km/h nei due sensi di marcia ogni giorno) mentre nel 2002 erano soltanto 18. Altrove invece viaggiano ancora carrozze diesel. La Roma-Lido di Ostia e la Circumvesuviana ormai non le prende più nessuno, tanto fanno schifo in ogni senso. A proposito, e Toninelli? «Continua il nostro impegno al fianco dei pendolari» annunciava sempre a gennaio nel presentare «Vivalto», un treno vecchio di 9 anni fa che Trenitalia praticamente regalava a Trenord per «rinforzare la flotta regionale», diceva orgoglioso Toninelli. Ora, invece? Mah. Boh. È intervenuto anche Nicola Zingaretti che, da presidente della Regione Lazio, ha scritto una lettera aperta al premier Giuseppe Conte, ai vice Matteo Salvini e Luigi Di Maio e all’immancabile Toninelli. Sostiene che l’andamento dei conti pubblici non sarà coerente con gli obiettivi previsti dal Governo per il 2019 e che quindi ci sarà un conseguente taglio di 2 miliardi di spesa pubblica, e che questo si riverserà appunto sui servizi di trasporto pubblico e sui pendolari. Da qui un appello a salvaguardare il riparto del Fondo Trasporti 2019 e insomma i 300 milioni che rischiano di mancare. Bene, ma che ha detto in concreto Toninelli? Niente. Non ha detto una parola. Le fonti che confermano la scomparsa dei promessi 300 milioni per il trasporto pubblico sono molteplici, ma è spuntato soltanto il senatore grillino Emanuele Dessì per dire che non è vero niente: «È becera propaganda elettorale». La spiegazione è tra il tecnico e il politichese: «I 300 milioni a cui fa riferimento anche Zingaretti sono già sbloccati all’interno dell’anticipazione dell’80 per cento del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del tpl. Sblocco al quale il ministro Toninelli ha già provveduto».
IL CASO LIBICO Il quale Toninelli, nelle stesse ore, si occupava del caos libico (un caos non crerato da lui, una volta tanto) con l’obiettivo – questo sì elettorale – di spalleggiare Luigi Di Maio contro la linea Salvini sull’immigrazione: con la Libia in guerra, «La linea è che se dovessero arrivare migliaia di richiedenti asilo, non può bastare l’approccio porti chiusi», ha detto, anzi, «bisognerà aprire altri porti europei». Salvini, intanto, faceva il Salvini: «Centinaia di terroristi islamici potrebbero arrivare in Italia approfittando del caos libico... Almeno 500 terroristi sono nelle carceri libiche e mai vorremmo vederli arrivare via mare». Replica di Di Maio: «800mila migranti non li fermi con le direttive». Allora li fai entrare.