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 2019  aprile 17 Mercoledì calendario

L’ipnoparto di Meghan Markle

Nessun anestetico o farmaco. Per l’imminente parto, che addirittura potrebbe essere già avvenuto, la duchessa di Sussex Meghan Markle ha scelto l’hypnobirthing, ovvero l’ipnoparto. Esattamente come prima di lei avrebbe fatto sua cognata Kate Middleton per la nascita del principino Louis. In sostanza la dolce metà del principe Harry si starebbe preparando a praticare questa tecnica chiamata anche «parto positivo». In effetti, ha poco a che vedere con l’ipnosi vera e propria. È più che altro un insieme di tecniche di auto-rilassamento che promettono di aiutare la futura mamma a superare la paura e il dolore delle contrazioni e di vivere appieno la gioia del parto.
LA FASE ESPULSIVA Con l’ipnoparto si insegna alla donna a gestire stress e ansia, tutti fattori che notoriamente aumentano il dolore delle contrazioni. Alla fine si arriverebbe alla fase espulsiva in modo spontaneo e senza nessuna forzatura, consentendo così di evitare traumi al proprio corpo e al neonato. Inoltre, il beneficio si avrebbe anche dopo il parto, con una netta diminuzione dell’ansia e del rischio di soffrire di depressione post-partum. Per poter trarre il massimo dall’ipnoparto bisogna iniziare un periodo di training settimane prima del fatidico giorno. Nella pratica, infatti, la tecnica si basa principalmente sul controllo del respiro della futura mamma, su affermazioni positive sul parto e sull’auto-rilassamento per gestire le contrazioni. Ogni giorno si effettuano delle visualizzazioni, si ascolta una musica particolare e si ripetono dei mantra.
I sostenitori dell’ipnoparto sono convinti che la tecnica, se applicata in modo opportuno, può assicurare una condizione di calma durante il travaglio. E uno stato di calma e di padronanza di sé favorisce la produzione di ossitocina, l’ormone che aiuta l’utero a contrarsi in modo più efficace a tutto vantaggio di una più breve durata del parto. Non solo. L’ossitocina innescherebbe, a sua volta, la produzione di endorfine, che danno sollievo al dolore e, in generale, favoriscono una diffusa sensazione di benessere.

LA DIFFUSIONE «In uno studio del 2016 che ha coinvolto oltre mille donne si è concluso che coloro che hanno praticato l’autoipnosi hanno avuto un parto migliore», conferma il ginecologo Claudio Giorlandino, direttore generale dell’Italian College of Fetal Maternal Medicine a Roma. «In particolare, è stato osservato un significativo effetto nella riduzione dei livelli di paura», aggiunge. L’hypnobirthing risale agli inizi degli anni ’90, quando Grantley Dick-Reid, un ginecologo inglese, ipotizzò che la paura e la tensione siano responsabili del dolore durante il travaglio. La tecnica vera e propria, invece, è stata ideata dalla famosa ipnoterapeuta Marie Mickey Mongan.
Oggi viene praticata in ben 45 Paesi. Negli Stati Uniti ha riscosso un grande successo, tanto che oggi viene scelta dal 9,5% delle partorienti. Ma la moda sembra aver contagiato anche l’Europa. In Italia, il training per l’hypnobirthing può essere considerato un vero e proprio corso preparto, che al momento viene organizzato per lo più in strutture private. Ma la richiesta è in aumento.