Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  aprile 17 Mercoledì calendario

Le coop che salvano le aziende

Meno, di numero. Ma più produttive e capaci di assumere. Rispetto a dicembre 2014, le cooperative aderenti a Legacoop sono calate di oltre 1100 unità (da 11.887 a 10.785). Ma il valore della loro produzione è cresciuto del 7,2% (da 58,8 miliardi a quasi 64 miliardi).
In parallelo, sono cresciuti del 4,5% anche gli occupati; da 366.901 a 383.446. Soprattutto, è cresciuto il fenomeno del workers buyout. Ovvero, dei lavoratori che si trasformano in cooperativa e rilevando la propria azienda in crisi o quasi fallita. Grazie al fondo mutualistico – Coopfond – alimentato dal 3% degli utili realizzati ogni anno da tutte le cooperative aderenti, dal 2008 al 2018, sono state aiutate oltre 63 operazioni di workers buyout, che hanno impegnato oltre 1.600 lavoratori, con un impiego complessivo di risorse, tra partecipazioni al capitale e finanziamenti, di oltre 18 milioni di euro.
«L’utilità dello strumento è stata riconosciuta anche dal Governo – ha ricordato Mauro Lusetti, presidente di Legacoop, che ieri mattina a Roma, negli Studi di Cinecittà, ha aperto il suo 40° Congresso nazionale, che si chiuderà domani –. Tanto è vero che all’interno del decreto legge sul Reddito di cittadinanza è stato approvato un emendamento che prevede la possibilità, per i destinatari del reddito stesso, di richiederne la liquidazione anticipata per partecipare alla costituzione di una società cooperativa».
«Non solo – ha aggiunto Lusetti –. Grazie alla Rete Pico 4.0 – il Digital Innovation Hub del mondo cooperativo – abbiamo già investito oltre 7 milioni di euro per supportare le piccole imprese della cooperazione che vogliono innovare verso la digitalizzazione».
Tuttavia, l’ultima indagine congiunturale su un campione rappresentativo di cooperative indica che solo il 2% vede una prospettiva positiva nel breve periodo.
Se le cooperative aderenti a Legacoop rappresentano, come numero, solo il 13% del totale di quelle ve attive, esprimono il 46% del valore complessivo della produzione, il 58% dei risultati di esercizio, il 65% del patrimonio netto ed il 52% del capitale sociale.
«Dalla seconda metà del 2018, il settore agricolo ha rallentato l’export – ha proseguito Lusetti –; le cooperative della Gdo – quelle iscritto alla Legacoop rappresentano il 35% del mercato – lamentano un ristagno della domanda, le cooperative edili sono in fortew difficoltà per gli invesatimenti bloccati».
Le priorità, oggi, secondo Lusetti, sono «sbloccare i cantieri,ma senza aumentare la percentuale del subappalto e riaprire la porta al massimo ribasso e abbassare le tasse a chi oggi paga già tutto. Bisogna rimettere mano alla materia fiscale senza provvedimenti spot o elettorali. La flat tax rischia di azzerare la progressività e alimentare l’evasione. Bisogna riprendere il filo della politica industriale; costruire un sistema reticolare e sussidiario per il welfare, rispetto al quale proprio le cooperative possono dare un forte contributo. Infine, investire nella formazione costante e continua dei lavoratori».
Anche le chiusure domenicali non appassionano il mondo cooperativo. «Abbiamo firmato un accordo con le altre asociazioni dei rappresentanti privati della Gdo – ha aggiunto Lusetti – per proporre all’esecutivo la chiusura dei punti vendita nelle 12 pricipali festività laiche e religiose. Tornare alla chiusura di tutte le domeniche credo sia anacrosnistico e ancor più dannoso in una condizione di ristagno dei consumi».
La cooperazione «sostiene con convinzione – ha detto ancora Lusetti – la proposta di stabilire per legge un salario minimo orario, uno strumento che può divenire utile nei settori e nei nuovi lavori dove la contrattazione nazionale è assente, ritenendo indispensabile comunque un coinvolgimento attivo delle parti sociali». E pur condividendo le linee generali che compongono il Def, le misure, ha concluso il presidente di Legacoop, «non possono però essere finanziate con l’aumento dell’Iva o con altro debito».