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 2019  aprile 17 Mercoledì calendario

C’è chi vende la Treccani porta a porta

Guai a chiamarlo venditore porta a porta. I campanelli li suona ancora ma su appuntamento, e alle enciclopedie ha sostituito pregiati libri d’arte e visite ai musei. Anche ora che la Treccani arriva per la prima volta in libreria con due collane di saggi, l’instancabile venditore itinerante continua a consumare la suola delle scarpe, frequenta soprattutto le città di provincia, va in pellegrinaggio dai vecchi clienti e contro ogni aspettativa ne procaccia di nuovi. Gli uffici marketing dovrebbero prenderne nota: negli anni dell’ubriacatura social, degli ebook, degli audiolibri, degli booktuber e di Wikipedia le visite faccia a faccia stanno rifiorendo. Molti lo fanno accomodare, gli offrono un caffè. Lui si presenta come “agente”, anzi “consulente”, che è un modo per dire che la Treccani non è un oggetto qualsiasi. «Non si apre a un estraneo, ma a un marchio che rappresenta un’istituzione. La nostra è una comunità, tutt’oggi conta 220 mila clienti e una rete di 124 agenti sparsi sul territorio nazionale», racconta Paolo Di Mauro, un veterano, il venditore modello. Sobrio, voce tenue, cravatta ben annodata, pantaloni grigi, di quel “sano grigiore fisiologico” che Tullio Gregory, nume tutelare dell’Enciclopedia, riteneva garanzia di serietà. L’eccentricità non paga in questo mestiere, meglio non esibire, stemperare la cultura rendendola domestica. Un garbo d’altri tempi che continua a rappresentare un’attestazione di affidabilità: «Tanto che Licio Gelli mi spalancò le porte di Villa Wanda, dove in genere non entrava nessuno. Parlammo intorno a un grande tavolo, se non sbaglio comprò degli approfondimenti sulla storia d’Italia», ricorda Di Mauro. Era la fine degli anni Novanta e al venerabile capo della loggia P2 era stato concesso di scontare i domiciliari nella faraonica dimora nella campagna di Arezzo. La finestra dell’ufficio vendite guarda Palazzo Mattei di Paganica, da quasi un secolo principale sede romana della Treccani. L’edificio dell’enciclopedia è maestoso. Soffitti affrescati, lampadari a goccia, una meravigliosa biblioteca lignea. Dentro qualcuno studia, circondato di silenzio. Nella grande sala rossa, dove Giovanni Gentile aveva la sua scrivania, un gruppo di studenti segue un corso di marketing culturale. Arrivato alla Treccani a metà anni Novanta, Di Mauro non ha mai mollato. Sessantatreenne, una laurea in scienze politiche, un periodo in Fiat, poi quattro anni per la Treccani a Firenze, quindici a Milano, fino a diventare il responsabile del settore vendite del Lazio, senza mai smettere di pendolare di casa in casa: «Non mi sono ancora stancato». Contro Wikipedia certo non c’è gara, le enciclopedie hanno dovuto aprirsi alle Rete, digitalizzarsi. La vecchia collezione di tomi bordati d’oro si può acquistare su ebay a poco più di 300 euro. Inevitabile che le vendite siano state abbattute: meno 12,5%, stando agli ultimi dati. Il venditore per resistere ha dovuto specializzarsi. Se prima la cultura era generalista, ora vanno bene i libri d’arte (quello su Caravaggio è stato un successo), i costosi facsimile di antichi codici miniati, i volumi di pregio sulle nostre bellezze artistiche o i cataloghi di fotografie, che piacciono soprattutto ai più giovani. Un giorno Di Mauro è stato contattato da Marco Tronchetti Provera: «Ha acquistato il monumentale volume sui dipinti e gli affreschi di Pompei. Peso 7 chili». La cultura a Palazzo Mattei si misura a chili: l’intera enciclopedia ne pesa 240. Ma non è solo questo. Venerdì debutta a Palazzo Reale di Milano la mostra Leonardo. La macchina dell’immaginazione, curata da Treccani. Per Di Mauro non c’è da stupirsi: «La gente vuole vivere esperienze culturali. Abbiamo una partnership con la Scala, regaliamo ai nostri clienti biglietti per l’opera, visite ai musei. Io stesso ho accompagnato un gruppo nella chiesa romana di San Luigi dei Francesi, dove è ospitato un ciclo pittorico di Caravaggio». E lo scorso gennaio Ilaria Rigamonti, responsabile degli eventi culturali della Lombardia, con lo stesso spirito ha fatto da guida alla mostra su Botticelli all’Accademia Carrara di Bergamo. Rigamonti non usa mai la parola “eventi”, preferisce parlare di “momenti di relazione” e più che ai clienti si rivolge ai “membri della comunità Treccani”, elogiandone “lo spirito di appartenenza”. In genere si tratta di professionisti sui sessant’anni: la classe media istruita, la stessa che va ai festival, ai concerti, in libreria, quella che un tempo esponeva i libri nel salotto buono, quando la cultura era ancora uno status e «c’era chi li chiudeva a chiave e chi, dopo averli comprati a rate, per non sciuparli non li toglieva dagli scatoloni». Da anni Treccani sta giocando su più tavoli, rimodellandosi come agenzia culturale. Scommessa vinta, visto che il fatturato generale ha registrato un + 12,5%. La parola d’ordine, ne è convinto Di Mauro, è “emozionare": «Chi propone un prodotto deve averlo sposato. Bisogna crederci. Ci vuole meno tecnica e più cuore». La chiama “vendita emozionale” ed è, a suo parere, la ragione del successo del libro sull’unificazione d’Italia: «In un paese tra Bergamo e Brescia, mentre ne parlavo si sono commossi. Per arrivare ad essere una nazione ci sono voluti sacrifici, la gente si rispecchia nella storia collettiva del Paese». In una novella Gianni Celati raccontava di uno studente che per guadagnare si era messo a vendere enciclopedie. La tecnica persuasoria giocava sul tempo. Gli avevano insegnato che in tre minuti doveva suonare il campanello, mettersi seduto e proporre il prodotto. Alla Treccani, dove i venditori frequentano ogni tre mesi corsi di aggiornamento, il tempo si può dilatare: «Alla metà degli anni Novanta sembrava che i Cd-Rom avrebbero preso il sopravvento. Non abbiamo ceduto alla moda e abbiamo avuto ragione. Ancora oggi nelle provincie ci accolgono come personalità, ci invitano a pranzo. Una volta in una bella villetta vicino Arezzo abbiamo parlato tra un piatto e l’altro di Benedetto Croce». Il nostro venditore si accomiata con passo calmo. Sorride, stringe la mano con calore. «Siamo un laboratorio di ragionamenti. In fondo ci ha salvati la nostra lentezza».