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 2019  aprile 16 Martedì calendario

Tribunali lumaca

Arturo Picciotto vale 12 miliardi. Non proprio lui, in realtà, ma la sezione civile che presiede, quella che nel Tribunale di Trieste si occupa anche di fallimenti ed esecuzioni immobiliari, uffici in grado di chiudere queste pratiche in poco più di tre anni. Tanti? Per l’Italia, che ha una media quasi doppia, si tratta in realtà di tempi da primato, che se fossero replicati da tutti i tribunali dal Paese darebbero un evidente beneficio alla massa dei creditori in attesa, sollievo ai bilanci bancari, ossigeno al mercato dei non performing loans. 
Tenendo conto dei tempi medi di chiusura attuale delle pratiche (5 anni e 7 mesi), nell’ottica di un investitore i 100 miliardi di sofferenze lorde bloccati in società fallite valgono appena 25 miliardi, valore che lieviterebbe a quota 37 miliardi se l’Italia fosse appunto allineata a Trieste. L’analisi realizzata da Cerved e La Scala-Società tra Avvocati apre uno squarcio di concretezza sull’annoso tema dei danni economici provocati dai tempi infiniti della giustizia, zavorra che a buon senso limita l’attrattività del Paese e l’operatività delle aziende ma il cui impatto concreto si fatica spesso a quantificare. 
Il focus qui è sulla durata delle procedure concorsuali e delle esecuzioni immobiliari, fattore chiave nella definizione del prezzo dei crediti deteriorati inseriti nei bilanci delle banche e nel portafoglio dei fondi che li hanno acquistati. Per un investitore, infatti, non è per nulla indifferente prevedere l’incasso attraverso una esecuzione immobiliare in 1,6 anni (Trieste) oppure in 16,7 (a Locri) e il prezzo che è disposto a pagare per rilevare questa partita incagliata ne risente pesantemente. Fattore tempo che tuttavia non incide solo nella valorizzazione dei flussi di cassa ma anche nella percentuale media di recupero, che evidentemente si riduce al dilatarsi della procedura. Tenendo conto di fallimenti, esecuzioni immobiliari, concordati preventivi e accordi stragiudiziali lo stock di sofferenze lorde è oggi valutato in Italia a poco meno di 100 miliardi di euro, che sulla base della quota di recupero prevista e dei tempi tecnici attuali viene oggi prezzato dal mercato a quota 25,3 miliardi.
Se però i tribunali convergessero verso le performance di Trieste tale valore arriverebbe a quota 37 miliardi e più in generale si può stimare che ogni anno guadagnato in termini di velocità si traduca in benefici nell’ordine dei quattro miliardi di euro. Passando dagli investitori in Npl alle banche il concetto non cambia, anche se l’effetto leva si riduce come risultato dell’utilizzo di tassi di sconto meno elevati. La stima del valore attuale è pari a 34,6 miliardi, che diverrebbero quasi 44 se l’Italia diventasse virtuosa come Trieste. Tribunale rapido ma anche efficace, in grado lo scorso anno di incassare attraverso esecuzioni immobiliari il 43,5% del valori dei crediti “aggrediti”. «Qui esiste un mix vincente di fattori – spiega il presidente della sezione civile del Tribunale di Trieste Arturo Picciotto – tra cui le dimensioni ottimali, organici adeguati, un sistema amministrativo che funziona e che accelera i tempi delle visure, un contesto sociale virtuoso, un ottimo rapporto con i professionisti. Se qualcuno ci chiama per chiederci come facciamo? No, ma siamo contenti lo stesso». Tenendo conto dell’ampia eterogeneità dei risultati, con fallimenti che si possono risolvere in 3,8anni (Crotone al top) oppure in 18,5 (accade a Messina) ed esecuzioni immobiliari che passano da 1,6 anni (Trieste) a 16,7 (Locri), quello che accade su base geografica è analogo alla struttura dei costi delle assicurazioni: dove il rischio è maggiore si paga di più, in questo caso si incassa meno.
Il che produce risultati non banali. Perché dal punto di vista di un investitore i quasi 7 miliardi di sofferenze lorde localizzate in Campania valgono meno di quelle del Piemonte, che pure sulla carta sono di un miliardo inferiori. Piemonte e Sicilia vantano lo stesso stock lordo, poco meno di sei miliardi, ma in termini di realizzo quelle sabaude sono prezzate quasi il doppio. «In effetti dover lavorare in una regione piuttosto che in un’altra – spiega Luciana Cipolla – partner e responsabile del dipartimento concorsuale di La Scala-Società tra Avvocati, che insieme a Tiziana Allievi ha curato il rapporto – non è affatto indifferente ed è un problema in più che le aziende devono affrontare. Ricordo che quando sono entrata in questo studio 18 anni fa c’era un fallimento aperto in Sicilia, pratica che ancora non si è conclusa». Il quadro è dunque mediamente desolante, anche se va detto che l’analisi, anche grazie ai primi effetti delle recenti riforme varate nelle procedure, registra progressi rispetto al passato: con tribunali più efficienti e in grado di smaltire lo scorso anno 14.400 procedure fallimentari (+2,8%), valore superiore al numero di nuove pratiche avviate e dunque sufficiente ad erodere il vasto arretrato. In calo anche i tempi medi, che per i fallimenti si riducono di quattro mesi, a poco più di sette anni (il record negativo è di 8,8 anni nel 2011), per le esecuzioni immobiliari scendono di 40 giorni e si attestano a 5 anni. «I nodi sono certamente rappresentati dall’arretrato e dagli organici – spiega il responsabile dell’ufficio studi Cerved Guido Romano – ma la sensazione è che molto dipenda dalle capacità organizzative. Magistrati bravissimi sotto il profilo giuridico possono essere meno validi come manager e per questo sarebbe bene analizzare le migliori prassi e provare a diffonderle, in modo da farle diventare patrimonio comune». Che in termini di tempo guadagnato si tradurrebbe per il Paese in un anticipo medio di due anni e mezzo nella chiusura delle procedure.