È giunto a Verona per i sopralluoghi negli spazi trionfali dell’Arena e si offre docilmente a foto insieme al sindaco, mentre il palazzo del Comune è in festa per l’annuncio di questa prima mondiale. Alla scenografia si applicherà il visual-artist David Umemoto, "inventore di forme strabilianti", afferma Sergei. Il quale non ha mai danzato finora la parte di Romeo e trova "esaltante" l’idea d’incarnare l’eroe shakespeariano nella città in cui prese vita il personaggio.
Polunin, la definiscono il massimo danzatore della sua generazione. Ha toccato i vertici della sua arte?
«La mia danza è solo uno strumento. Devo crescere ancora in vista dei miei obiettivi: collegare le arti e dare aiuto ai giovani. Cerco di sostenere chi non dispone dei mezzi per sviluppare il proprio talento. Mi adopero per fondazioni a mio nome. Provengo da una famiglia povera e non sarei niente se da ragazzino non fossi andato a studiare a Londra grazie alla Rudolf Nureyev Foundation».
A 19 anni era una star del londinese Royal Ballet, ma due anni dopo ne fuggì palesando insofferenza. Cosa non ama del balletto istituzionale?
«In una compagnia così strutturata non si può volare. Volevo dimensioni ampie. Era vitale trovare nessi con altri artisti».
Polunin è un autolesionista, un magnifico depresso, un ribelle rischioso: è quanto dicono di lei, chiamandola il Bad Boy della danza.
«Detesto le etichette. Le trovo limitanti e stupide».
Il suo fisico è segnato da una trama barocca di tatuaggi. Cosa l’affascina dei tattoo?
«Sono la libertà. Un tatuaggio ti dà adrenalina. Non ho mai voluto essere un esempio per gli altri. Amo l’imperfezione che circola nel mondo. Mi piace l’estetica della galera».
Sta sviluppando un rapporto vivacissimo col cinema. Sogna una carriera di attore a tempo pieno?
«Il cinema è un mezzo di propaganda enorme e io devo diffondere la mia immagine per alimentare le mie fondazioni».
In "The white crow", biopic su Rudolf Nureyev, interpreta il danzatore Yuri Soloviev.
«Fu un ballerino che condivise la stanza con Nureyev prima che questi lasciasse l’Unione Sovietica. Era bravo quanto Nureyev e c’era competizione fra loro. Rudy fuggì, mentre l’altro rimase intrappolato in Urss e si suicidò».
Nureyev è il suo punto di riferimento artistico?
«I miei miti sono Baryshnikov e Vassiliev. L’uno per la pulizia e il rigore delle linee classiche, l’altro per l’eroica emozionalità».
In "Tempo", un corto dell’inglese Rankin, lei appare costretto in una gabbia o in una casa di bambole. È un inno al suo bisogno di libertà?
«È una visione che riflette la mente dell’autore e anche la mia».
Forte è la sua intesa con la moda: è stato modello di grandi fotografi, ha fatto un corto per Dior…
«La moda è un’arte. Com’è possibile non reputare artisti creature inventive e favolose come Dolce e Gabbana? Stiamo pensando di fare qualcosa insieme in futuro».
Lei è ucraino e ha scelto di tatuarsi Putin sul petto. Qual è il suo attuale rapporto con la Russia?
«Il governo russo appoggia le mie fondazioni con quote dell’ottanta per cento dei finanziamenti: la relazione è positiva. Confido che le cose tra la Russia e il mio Paese miglioreranno con la nuova presidenza ucraina».