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«Beh, dopo aver girato tanto qui ho trovato una specie di paradiso». Silvio Cartolano, 35 anni, calabrese emigrato a Bologna, lavora alla Lamborghini e ne parla in modo entusiasta. Fa l’operaio sulla linea del nuovo suv Urus e si compiace soprattutto dei rapporti umani, dello stipendio e degli orari. «Ma anche della mensa», ammette.
Quando è arrivato a Bologna?
«Nel 2016, ho girato varie aziende come interinale. Poi nell’ultima non ero contento soprattutto degli orari e ho continuato a cercare. Così ho saputo che c’era la possibilità di venire qui ed eccomi qua. Dopo il classico percorso da un anno e mezzo sono stato assunto a tempo indeterminato e ora sono un referente di linea dell’Urus».
Davvero ci si trova così bene?
«Posso confermarlo (ride, ndr), soprattutto venendo dal Sud».
Per cosa, in particolare?
«Non ti lasciano mai da solo, fin dal primo giorno da interinale. C’è sempre un caporeparto, un team leader o un delegato sindacale che ti appoggia».
E come stipendio?
«A parte la questione umana, se parliamo di stipendi oggi sono pochi quelli che garantiscono un netto da 1.700-1.800 euro in busta. E poi c’è la tredicesima, la quattordicesima e il premio di produzione. Non è facile trovare queste cose».
Cos’altro è cambiato?
«Prima facevo un orario spezzato, dal lunedì al sabato, e le ferie non erano sempre possibili. Qui invece per un po’ ho lavorato dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 17 e poi sono entrato nei turni: ora faccio dalle 6 alle 13 una settimana e poi dalle 13 alle 20 l’altra, con le pause previste ogni turno».
Molti sognano di lavorare qui anche per le macchine.
«Ah, certo, anch’io sono appassionato di motori. Ieri (domenica, ndr) saltavo sul divano per la gara di Valentino Rossi».
Altre cose che fanno la differenza?
«Tante cose, tipo la mensa. È molto conveniente e in più i prodotti sono buoni, quello che mangi non sembra uscito da una mensa classica. C’è anche più scelta».
Quindi consiglierebbe Lamborghini?
«Certo. A tutte le persone che sono qui temporaneamente auguro sempre che li assumano, perché è una bella realtà».