Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  aprile 16 Martedì calendario

Le interviste impossibili a 11 presidenti della Repubblica

Diluviava il giorno del giuramento di Giovanni Leone, il 29 dicembre 1971, mentre la Lancia Flaminia raggiungeva il Colle. Un presentimento lo colse: «Non fatemi fare la fine di San Sebastiano», disse il neopresidente della Repubblica. Anche quando lasciò il Quirinale «pioveva a dirotto e nessuno andò a salutarlo», ricordò un giorno Francesco Cossiga. Nel mezzo un settennato di turbolenze. Leone collezionò molti primati: gestì otto crisi di governo, fu il primo a sciogliere per due volte le Camere, soprattutto nessuno prima di lui dovette lasciare in anticipo la carica, travolto da uno scandalo, rivelatosi anni dopo, una bolla di sapone. Ma tutti lo ricordiamo soprattutto per le corna che fece agli studenti di Pisa, nel ’75. Era naturalmente molto di più. Lo rivela “Buonasera presidente”, la produzione di Anele, che a partire dal 30 aprile ogni martedì su Rai Storia, racconterà undici Capi di Stato, da Enrico De Nicola a Carlo Azeglio Ciampi. La puntata su Leone sarà mostrata in anteprima alla Luiss domani sera. Una docu- fiction che racconta il Paese, «pensata anche per i giovani», dice Gloria Giorgianni, l’ad di Anele. Cuore di ogni narrazione sono “le interviste impossibili” di Filippo Ceccarelli, che interroga i presidenti, interpretati da altrettanti attori. Giovanni Esposito è Leone. Thomas Trabacchi è Pertini. Antonio Catania fa Scalfaro. Antonello Fassari, Cossiga. Usano le parole realmente pronunciate dagli statisti. «Sono un cattolico napoletano», diceva Leone. «Un politico preterintenzionale». Fu eletto con i voti determinanti del Msi, dopo che aveva vinto il ballottaggio interno alla Dc con Aldo Moro, per un voto si disse. «Le schede vennero bruciate», rivela il figlio, Giancarlo. Aveva una moglie bellissima, Vittoria, ("Vitto’, tagg fatt’ Regina"), e tre figli. Per la prima volta il lato privato irrompeva sulla quinta del Quirinale. Buffo e piccoletto, si meritò l’imitazione di Alighiero Noschese. Sono gli anni del terrorismo. Provò a salvare Moro, pronto a firmare la grazia per la brigatista Paola Besuschio, «col cuore aperto e la penna in mano». Era ritenuto innocuo, tra i pescecani dc, che non lo difesero quando finì nell’affaire per corruzione della Lockheed. I radicali furono i suoi grandi avversari. Nel film si vede Pannella che nel ’ 98, per i novant’anni dell’ex presidente, gli va a chiedere scusa. «Fu anche la prima vittima di un certo giustizialismo», osserva l’ex ministro Marco Follini. Ma cosa ci dice del nostro Paese questa galleria di ritratti? «Quasi sempre – spiega Ceccarelli- il presidente della Repubblica ha svolto un ruolo di salutare contrappeso rispetto ai governi. Il Presidente non regna. E questo è un bene per l’equilibrio costituzionale». In un filmato di repertorio Vittoria spiega come il marito le annunciò che intendeva dimettersi, il 15 giugno ‘ 78: «Prepara i bagagli». Parlò alla nazione dagli schermi Rai e tolse il disturbo. Il potere è sempre proteiforme. «Sprofondò in una depressione dalla quale non sarebbe più riemerso», dice il figlio. «Nell’ora delle tenebre se la sono squagliata in molti», ripeteva Giovanni Leone.