la Repubblica, 15 aprile 2019
L’infernale Melmoth
Oggi il Melmoth del reverendo Charles Robert Maturin, scritto nel 1820, è completamente dimenticato. Chi legge più questo capolavoro “gotico”? Ma il Melmoth spagnolo ed inglese continua ad essere un libro eccezionale, l’aveva detto meravigliosamente Baudelaire: «Che cosa vi è di più grande, di più potente relativamente all’umanità, di questo pallido e annoiato Melmoth? Eppure vi è in lui qualcosa di debole, abbietto, antidivino e antiluminoso. Melmoth è una contraddizione vivente. È uscito dalle condizioni fondamentali della vita e i suoi organi non sopportano più il pensiero».
Melmoth è forse il personaggio più molteplice e ricco dei suoi anni. Cupo, formidabile, grottesco: ma anche, stranamente, una ragnatela, un cavastivale, un crocefisso, una pendola; che anticipava gli oggetti assurdi e smarriti di Lautréamont e insieme Faust, e Don Giovanni, e un Ebreo Errante che ha scritto il più orribile patto con Dio e con il diavolo: vittima orgogliosa e presuntuosa dell’Inquisizione, Sibilla Tenebrosa. Dappertutto, con una frequenza ossessiva, appaiono frati empi e ridicoli che assomigliano a diavoli o diavoli che assomigliano a super diavoli, a mostruosi super frati.
Melmoth è pieno di pensieri, gemiti e rantoli e inquietudini e insulti: anticipa stranamente le fantasie di Conrad – mentre un’altra tremenda donna, Isidora, lo accompagna ogni istante e in ogni fallimento delle sue imprese. Alla fine l’orribile Melmoth si salva: cede, cade e si salva: i frati si salvano; Dio si salva e si condanna mentre condanna se stesso: Uomo Errante.
Capisco di aver raccolto contraddizioni, amore di contraddizioni, odio di contraddizioni, fuoco di contraddizioni. Robert Maturin è posseduto da un’ansia di vanità – e forse di verità. Ma, come il suo personaggio, Melmoth, egli è anche, follemente, una ragnatela e un cavastivale.
Tutte le cose balzano verso tutte le direzioni. Il diavolo è un purissimo uccello: nuvole sporche di sterco: ecco uno spettro, il bestemmiatore (solo la bestemmia esprime la verità assoluta) fiero, orgoglioso, inquietante, frivolo, misantropo: capo e vittima della Suprema Inquisizione, vivo, morto, moribondo. Più che moribondo, esaltandosi e offendendosi a vicenda in un balzo vertiginoso (che spesso non riusciamo a comprendere) il Melmoth appartiene al regno affascinante dell’incomprensibile. È – come lo spettro, ripetiamone i tratti – un bestemmiatore: fiero, orgoglioso, inquietante, tragico, frivolo, misantropo, vittima e capo della Suprema Inquisizione, capace di essere un assassino – in primo luogo di se stesso – sfacciato, ipocrita, mille volte riflesso nello specchio offuscato di una stanza offuscatissima, tuffato nelle onde del mare, legato a una donna più terribile di lui o alle onde del mare.
Comprendo di aver raccolto, con l’aiuto di Maturin, sciocchezze e contraddizioni. Nella sua ansia di vanità ( ma anche di verità), si oppone a qualsiasi opposizione, contrasta qualsiasi contrasto.E, come un oggetto illogico e impossibile è anche una ragnatela. Se tutte le cose balzano verso tutte le direzioni, tutto quello che leggiamo balza verso l’abisso.
Tutto si ripete e si rovescia, in copie e variazioni riflesse. Il diavolo è un uccello rarefatto, i pensieri purissimi sono nuvole insozzate, la noia è letizia, più spesso la letizia è orribile noia. Tutto è tutto, è il contrario di tutto, ammesso che la parola” tutto” abbia un senso qualsiasi (e non significhi cavastivali). Il diavolo è Dio, Dio è il diavolo.
Melmoth è un oratore, un tremendo torturatore, che angoscia con la sua” risata satanica” la quale ricorda quella di Faust. È un gesuita, un volgarissimo uomo di teatro, un ipocrita, un enigma. Ma è sempre, al fondo, uno spettro. Per usare una sola parola, Melmoth è un Uomo Errante, è un ritratto di se stesso, straniero. Alla fine, è impossibile distinguere Dio, diavolo, frati gravi e frivoli e in un’ironia che si beffa continuamente di se stessa.
Come è possibile in questo caso parlare di ironia? Melmoth è un’ironia che conosce tutte le forme di sarcasmo. Ma, almeno nella vita, Maturin non ebbe fortuna. Pochi anni dopo il suo libro moriva, ucciso da una dose mortale di arsenico preso per errore. Ma era davvero uno sbaglio? O questo sbaglio conteneva la sostanza comprensibile e incomprensibile dell’universo?