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 2019  aprile 14 Domenica calendario

I cattivi pensieri di Gianni Mura

Un fantasma s’aggira per l’Europa, anzi per il mondo: le scuse. Scuse spontanee, scuse dovute, scuse pretese a gran voce. Le ultime, l’altroieri, sono quelle di LaToya Cattrell, sindaca di New Orleans. Ha chiesto scusa per gli undici italiani linciati nella sua città il 14 marzo 1891, più di 128 anni fa. Bene, cioè male (il linciaggio). Ma secondo me dovrebbe esistere per le scuse, o i perdoni, una data di scadenza, come per i vasetti di yogurt. Dieci anni, venti, cento? Da stabilire. Altrimenti il governo spagnolo dovrebbe scusarsi con i discendenti dei Maya e degli Aztechi per le malefatte dei conquistadores, papa Francesco per tutti i catari arsi vivi e Virginia Raggi ha già il suo daffare. Ma, se si legge il De bello gallico dalla parte di Asterix, possiamo escludere che qualcuno salti su in Francia chiedendo le scuse di Roma per l’invasione da parte di Giulio Cesare e dei suoi legionari?

Non possiamo. Ma all’ordine del giorno sono le scuse di Ilaria D’Amico alla città di Napoli. Richieste, anzi pretese, da Ciro Borriello, assessore allo sport, per un’uscita giudicata offensiva durante la trasmissione di Ajax-Juve. E mai pervenute. D’Amico aveva evocato i triccheballacche commentando il tentativo di tifosi olandesi che facevano casino sotto l’albergo della Juve. Non ci ho trovato niente di offensivo per Napoli, al massimo la frequentazione d’un luogo comune. Posso aggiungere, banalmente, che tutto il mondo è paese, nel calcio? Ho seguito molto il Napoli, negli anni di Maradona. Davanti a quel paio d’alberghi frequentati dalle squadre di calcio ospiti, tra Santa Lucia e l’imbarco di Mergellina, regolarmente un gruppo (non enorme, va detto) di tifosi del Napoli faceva molto rumore. Senza triccheballacche, bastavano i cori, le trombette e i clacson. Le stesse scene le ho viste a Milano, a Torino, a Roma, e anche in Europa. Esisteva e sempre esisterà, temo, una minoranza rumorosa, convinta di aiutare i suoi beniamini disturbando il riposo degli avversari. Mi disturbano invece i toni usati dall’assessore Borriello: «Quella sottospecie di giornalista deve chiedere scusa». Sottospecie? Deve? Per me né l’una né l’altra. Sottospecie è denigratorio, anche se fosse detto per un assessore. Se questa tempestuccia nel bicchierino non fosse gonfiata dai social, sarebbe già chiusa. Mai sottovalutare le sottospecie di comunicazione.
Fanno rumore le otto giornate di squalifica rimediate da Diego Costa: quattro per insulti all’arbitro Gil Manzano (o meglio, a sua madre) e quattro per avergli bloccato il braccio cercando di impedirgli di mostrare il cartellino giallo per proteste a Gimenez. «A Diego stavano facendo molti falli, ma per gli insulti all’arbitro non c’è giustificazione» ha commentato Enrique Cerezo, presidente dell’Atletico. Mentre Simeone, figuriamoci, giudica la squalifica eccessiva ed era fiducioso in uno sconto. Ma il ricorso è stato respinto.
Negli ultimi dieci anni, leggo sul Pais, una squalifica più pesante era arrivata solo a Pepe, che allora giocava nel Real: dieci turni. Otto giornate le rischiava anche Balotelli per una manata a Pablo, al 36’ del secondo tempo di Bordeaux- Marsiglia, finita 2- 0. Balotelli e il suo marcatore si erano già beccati durante la partita. Finché Pablo è costretto a uscire perché perde sangue dal naso, rientra e al primo contatto ravvicinato urta con forza Balotelli che stramazza a terra. L’arbitro espelle Pablo e ammonisce Balotelli. A fine partita si apprende che Pablo ha il setto nasale fratturato. Sarà squalificato per due turni, Balotelli solo per uno. Né l’arbitro né il Var hanno visto qualcosa e la prova tv più che rivelare lascia solo intuire quel che è successo. È il caso di scomodare Woody Allen: Pablo ha aggredito Balotelli tirandogli una violenta nasata sul pugno. Impari la lezione.
Titolo della settimana (voto 7): "Desideri sauditi" (Manifesto). Frase, a proposito del 25 aprile: «Non m’interessa il derby tra fascisti e comunisti». Giochino, tipo Settimana enigmistica: chi l’ha pronunciata? Ecco un aiutino, potete scegliere. A: un imbecille. B: un provocatore. C: un ignorante. D: Matteo Salvini. Se è Salvini, ma si può discutere su altre opzioni, è comprensibile che non vada a un derby: si capirebbe per chi tifa (ma già si sa). Se è Salvini, qualcuno che conosce un po’ di storia gli dica che in quel derby hanno giocato anche monarchici, cattolici, atei, anarchici. Non erano spettatori. Durante la Resistenza furono uccisi dai nazifascisti 408 tra parroci, preti, seminaristi, una striscia di sangue da Boves a Messina, passando per Monte Sole e per le Fosse Ardeatine. E la striscia s’allunga contando le vittime della violenza rossa. Poesia come antidoto. Un verso, uno solo, di Patrizia Valduga. "Incoronami. Eternami. Inargentami". È il quattordicesimo e ultimo di un sonetto fortemente erotico e composto da soli imperativi. Per molti critici, i versi di Valduga sono quelli in cui meglio si fondono Eros e Thanatos. In sintesi: l’amorte. Attenzione, la sintesi funziona solo se scritta.