Corriere della Sera, 14 aprile 2019
I 49 figli segreti del dottor Kaarbat
Quando il giudice li ha autorizzati a fare il test del Dna, i fratelli e le sorelle ritrovati si sono abbracciati per la gioia. Sono 49, uniti da un legame di sangue all’insaputa dei genitori che li hanno cresciuti, nati, per lo più negli Anni 80, grazie a fecondazione eterologa con il seme fornito da una clinica di Barendrecht, piccola città a Sud di Rotterdam, nei Paesi Bassi. Per anni il suo fondatore, Jan Kaarbat, uno dei pionieri olandesi della fecondazione assistita morto nel 2017 a 89 anni, aveva falsificato i documenti della clinica, sostituendo il suo sperma a quello dei donatori o inventando falsi profili per coprire le sue «donazioni».
Le coppie o le madri che negli ultimi decenni si sono rivolti a lui per avere un bambino non avevano idea di aver concepito i figli biologici del medico. I risultati del test del Dna, resi noti venerdì, confermano ora che i 49 sono fratellastri e «progenie diretta del medico», ha fatto sapere l’associazione Defence for Children che li assiste nella causa. Si sono dovuti rivolgere a un giudice perché la vedova di Karbaat, finora, si era rifiutata di fornire il suo Dna in nome del «diritto alla privacy».
I primi sospetti erano arrivati dopo che da una madre con gli occhi azzurri e un supposto donatore anche lui con gli occhi azzurri era nato un bimbo dalle iridi marroni. E che si sono riscontrate strane somiglianze tra i bambini concepiti nella clinica: molti avevano la stessa bocca larga, le mani grandi, la fronte alta e gli occhi piccoli. Poi le prime conferme quando un figlio legittimo di Karbaat ha offerto il suo Dna ed è emersa una parentela. Adesso l’ultima, definitiva certezza.
Ma si sospetta che la progenie del medico sia molto più vasta, fino a oltre 200 discendenti: il seme della sua clinica (chiusa nel 2009) è stato spedito negli Stati Uniti, in Turchia, Svizzera, Gran Bretagna, Danimarca e Germania. L’Olanda è uno dei Paesi al mondo che più esportano spermatozoi per l’eterologa. Dal 2004 però la legge locale stabilisce che i donatori devono essere «aperti»: devono cioè essere conoscibili dai loro «figli» dopo il compimento dei 16 anni, ed essere tracciabili in caso emergano malattie ereditarie. Regole introdotte per tutelare le persone così concepite.
Quello del diritto alla conoscenza delle proprie origini è uno dei temi più sentiti da coloro che sono nati grazie all’eterologa. E mentre l’Italia ancora vieta di svelare l’identità dei donatori (anche se prevede che siano tracciabili per motivi medici), sempre più Paesi permettono ai figli dell’eterologa di scegliere se conoscerla.
Non sapremo mai se a muovere Karbaat sia stato una sorta di delirio di onnipotenza, la volontà folle di sentirsi il «Padre». Ora però i suoi figli hanno trovato una nuova pace. «Dopo undici anni di ricerche, posso continuare la mia vita. Sono contento di avere finalmente chiarezza», ha detto alla tv olandese NOS Joey Hoofdman, uno dei 49. Molti di loro hanno mantenuto i contatti e si incontrano regolarmente: una nuova forma di parentela per cui ci sono pochi precedenti.