Il Messaggero, 14 aprile 2019
La leggenda dell’unicorno
«In India ci sono degli asini selvatici grandi come cavalli e anche di più. Hanno il corpo bianco, la testa rossa e gli occhi blu. Sulla fronte hanno un corno lungo circa un piede e mezzo. La polvere di questo corno macinato si prepara in pozione ed è un antidoto contro i veleni mortali». Sarebbe il greco Ctesia di Cnido, tra V e IV secolo a.C., il primo a parlare di unicorni in Occidente. E dai frammenti di testo giunti fino a noi si evince che la creatura era già indicata come salvifica. Non una sorpresa, non del tutto almeno. Animali con un solo corno e poteri sovrannaturali già erano presenti nella tradizione cinese e in quella indiana. In Occidente dunque l’unicorno pare arrivare mitizzato. È illustrato tra le pitture delle Grotte di Lascaux, in Francia. È citato, forse per una traduzione imprecisa, nel Vecchio Testamento. Immagini e scritti si moltiplicano nei bestiari medievali. Ogni fonte riporta la sua idea di questo animale.
LA SPECIE
Il Physiologus, composto tra II e IV secolo d.C, lo descrive «piccolo e selvaggio», simile al capretto. Le parole di Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia richiamano il rinoceronte. Marco Polo, che afferma di aver visto la specie, dice che ha «pelo di bufali e piedi come leonfanti», la testa simile a quella di un cinghiale. Ogni narrazione è accolta. Ogni fantasia pare diventare reale. Una base di memoria però potrebbe esserci. Uno studio pubblicato nel 2016 sulle pagine del Journal of Applied Sciences, ha rilevato l’esistenza di un animale con un unico corno in Russia ai tempi dell’Homo sapiens sapiens.
La storia dell’unicorno potrebbe essere quindi stata tramandata nel tempo di racconto in racconto, fino a deformarsi. Consacrato dalle Scritture, l’unicorno diventa icona cristiana, nobile e pura, come tale bella. «Questa bestia straordinaria che ha un solo corno sulla testa – scrive Guillaume Le Clerc in De la Licorne, intorno al 1210 – rappresenta Nostro Signore Gesù Cristo, nostro Salvatore». L’arte nel tempo impone un’immagine epica. Non un vero mutamento ma la rilettura del mito, secondo cui solo una vergine potrebbe catturare l’animale. Simbolo di purezza per definizione, lo diviene anche nell’immaginario. L’unicorno mantiene i caratteri magici orientali. Il richiamo all’innocenza fa bianco il suo manto nell’iconografia. E si trasforma in destriero, rimando a un mondo di amori cortesi e cavalleria. Il corno è assimilato a quello del narvalo, che si fa oggetto di collezionismo.
I SENSI
La dama e l’unicorno, serie di arazzi di fine del XV secolo, utilizza l’immagine dell’animale per celebrare i cinque sensi. La caccia all’unicorno, ciclo di pannelli realizzato tra 1495 e 1505, lo vede invece braccato dagli uomini. Molti grandi artisti si fanno sedurre dal suo mito. Così Leonardo, Hieronymus Bosch, Giorgione, Raffaello, Domenichino e molti altri. L’unicorno diventa metafora di castità. Viene usato per celebrare dame virtuose, anche sante. Poi, in una delle tante rivoluzioni presenti nella sua storia, muta in suggestione sensuale. Basta pensare ai lavori di Gustave Moreau. E così via fino alla street art. Intanto, c’è chi tenta di portare prove. Nel 1541 in Germania, in una grotta vengono rinvenute insolite ossa, forse di mammut, presto attribuite all’unicorno: nel 1663 saranno composte a ricrearne un possibile scheletro. La tradizione si rafforza con il cinema. Il 1975 è l’anno di Black Moon di Louis Malle. Il 1982, di Blade Runner di Ridley Scott, dove sotto forma di origami, l’animale si fa minaccia. Il 1985 Scott firma Legend, con Tom Cruise, in cui dall’unicorno dipende la sorte del mondo.
L’ANIMAZIONE
L’animazione non sta a guardare. Nel 1940, gli unicorni sono ben presenti nel disneyano Fantasia. Negli Anni ’70, Osamu Tezuka crea Unico. Nel 1982 esce The Last Unicorn di Jules Bass e Arthur Rankin jr.. Di anno in anno, l’unicorno entra nella serie di Sailor Moon, nei film di Barbie, va in scena con le Winx, diventa star in Cattivissimo me. Ogni lavoro aggiunge dettagli alla sua definizione. Si conferma sempre la sua magia: prima tra tutte quella di un fascino che attraversa i secoli.