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 2019  aprile 13 Sabato calendario

La madre, il segreto di Jack Nicholson

Ogni attore sviluppa la sua personale tecnica, tuttavia, l’operato dei migliori intepreti, transita inevitabilmente attraverso un passaggio comune: mettere il proprio vissuto al servizio dell’arte. Gioie e dolori di oggi, per un bravo caratterista, sono il talento di domani. Dev’essere questa la ragione per la quale, il poliedrico Jack Nicholson, brilla come pochi altri divi: la sua tavolozza d’artista è completa di ogni sfumatura cromatica, e gli permette di intingere il pennello nella nuance opportuna ad affrescare i personaggi più tormentati. In pochi sanno da dove l’attore ricavi i colori cupi delle sue più celebri interpretazioni, ma dando un’occhiata alla sua vita, è inevitabile supporre che la famiglia d’origine abbia contribuito a forgiare quell’affascinante inquietudine dalla quale appare permeato. Aveva 37 anni quando, una verità insospettata, ha capovolto le sue convinzioni di uomo: quella che credeva sua sorella scopre invero essere sua madre biologica. Da lì lo sconcerto, la confusione, il dubbio; tutte condizioni che, sovente, infonderà nei personaggi più intensi, delegando all’arte l’esorcismo dei suoi turbamenti. demoni persecutori Ma, a chiusura del sipario, sarà Nicholson in persona ad interfacciarsi con quei persecutori demoni che non gli danno tregua, ripiombando nella sceneggiatura più contorta: la sua stessa vita. Ad infittirne la trama contribuisce il fatto che, le figura materna mai messa in dubbio – Ethel Nicholson – scopre essere sua nonna, e che, di quel padre mai incontrato, disconosce perfino l’identità. Neppure la madre gli rivelerà l’arcano: June morirà prematuramente, portando con sé nella tomba la verità di quella gravidanza avuta fuori dal matrimonio e vissuta con la vergogna di chi ne ha strenuamente nascosto il disonore, tanto da abidicare il ruolo materno, passandone il testimone alla famiglia d’origine. La donna aveva appena 18 anni. Ma lo stupore di Nicholson nel rendersi depositario della realtà sarà nulla dinanzi allo sconcerto del suo pubblico, il quale, abiutuato ad assimilarlo ai caratteri più violenti e rabbiosi, lo vedrà reagire con inaspettata magnanimità e clemenza nei confronti di una donna che, intimorita dal pregiudizio, l’ha messo al mondo nella menzogna, chiamandolo ad interpretare il primo vero ruolo di attore della sua futura carriera: quello di fratello minore di una fanciulla che gli era madre, e che non si perdonava di aver ceduto alla fugace passione con un uomo che, secondo il pettegolezzo comune, sarebbe stato un clandestino lettone ebreo che si guadagnava da vivere suonando il pianoforte su di un transatlantico tedesco. Non vi è biasimo, da parte della star, verso quella controversa figura genitoriale, ed a chi gli domanda se abbia rancore verso la madre e la nonna per avergli nascosto una verità della quale è venuto a conoscenza per intercessione di terze persone, non solo risponde di no, ma rivendica perfino la stima e la venerazione nei confronti delle donne: «Non ho modo di parlare con loro di questa cosa. Sono morte. Per loro provo solo gratitudine. Fatemi vedere una qualsiasi donna di oggi che sa tenere un segreto, una confidenza o qualcosa di intimo a questo grado di riservatezza e avrete trovato la mia donna ideale» ragione di orgoglio Ai patimenti di June, oltre all’abbandono da parte del suo misterioso amante, si aggiungerà quello di non vivere abbastanza da compiacersi di come, quel figlio motivo di infamia, sia poi divenuto, per l’intera umanità, ragione di orgoglio, mietendo consensi tali da garantirgli ben dodici nomination agli Oscar: premio che si aggiudicherà tre volte, e non per i suoi tipici ruoli da diabolico oppressore, bensì per le interpretazioni più struggenti, come quella di Garrett Breedlove in Voglia di Tenerezza. Forse perché nella vita reale, la voglia di tenerezza, è un primordiale bisogno che non è mai riuscito ad appagare del tutto, ed al quale rimpiange di non aver dato riscontro attraverso i più amorevoli abbracci con una madre che, a lui, ha donato la vita, mentre, al cinema, un incomparabile istrione.