il Giornale, 13 aprile 2019
Chiude RaiMovie
È una delle regole interne. I programmi che vanno bene, si chiudono. A volte anche i canali. È il destino di RaiMovie, il canale di cinema 24 ore su 24 del servizio pubblico, quello che tiene svegli i cinefili, accontenta a qualsiasi ora gli amanti dei vecchi film (anche dei nuovi in realtà), porta gli spettatori dentro i grandi festival, racconta le star e gli esordienti, le pellicole d’essai, i classici, i blockbuster, gli intramontabili e le commedie popolari... Già, perché stando al nuovo piano industriale dell’Ad Rai Fabrizio Salini i due canali RaiMovie (cinema) e RaiPremium (fiction) chiuderanno, confluendo in una nuova RaiSei «tutta al femminile» (una sorta di La5 o La7d del servizio pubblico), accostata a una RaiQuattro declinata al maschile. Ora, a parte la terminologia paleolitica «al maschile» e «al femminile» (capiremmo una RaiAction e una RaiEmotion...), la decisione sembra inspiegabile. Numeri alla mano, si tratterebbe di un autentico suicidio: RaiMovie nel 2018 ha ottenuto una media dell’1,24% di share in prima serata, e RaiPremium dell’1,18%. Mentre il nuovo canale – secondo le stime degli addetti ai lavori – difficilmente supererà l’1%. Non solo. Secondo indiscrezioni, RaiMovie e RaiPremium costano insieme, in tutto, circa un milione all’anno (meno di una serata del festival di Sanremo) a fronte di una trentina di milioni di incassi pubblicitari (la fonte è interna). Ma non sono neppure i numeri il problema. Il problema è rispondere alla domanda: se si chiude l’unico vero canale generalista di cinema, alla portata di tutti, per tutti, – con un’offerta ampia, varia e pluralista – quale sarà il futuro per il cinema sul piccolo schermo, che non sia quello satellitare o delle piattaforme streaming? Perché spegnere la sola possibilità di un libero accesso al cinema in televisione? Con 14 titoli al giorno, per un totale (nel 2018) di 5150 film trasmessi, di cui 2481 italiani, RaiMovie rappresenta un unicum nell’offerta televisiva. Non costituisce soltanto una delle ragioni per pagare il canone da parte di tanti italiani, ma è la vera democrazia diretta al cinema da casa. Non si uccidono così anche i canali (e la citazione è solo indirettamente di Sydney Pollack). Senza contare che il Decreto Franceschini impone al servizio pubblico il sostegno al cinema italiano attraverso una determinata quota di film trasmessi in tv: e senza RaiMovie chi assolve l’obbligo di legge? Altra domanda: se io amo il cinema, perché dovrei pagare un canone Rai di 120 euro l’anno mentre Netflix me ne costa solo otto al mese? Comunque martedì proseguirà l’audizione di Salini in vigilanza, e di certo ci saranno le domande dei parlamentari. E si spera anche le risposte dell’Ad. Rai, di tutto di meno.