Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  aprile 13 Sabato calendario

Varoufakis e gli altri candidati transnazionali alle europee

«Prima l’Italia», recita lo slogan elettorale della Lega di Matteo Salvini per le Europee. «Prima la Germania» gridano i suoi alleati tedeschi di AfD. «Prima la Danimarca» si aggiungono al coro i compagni di viaggio del Partito del Popolo Danese, ignorando forse che in questa sfida a «prima io» qualcuno rischia di ritrovarsi ultimo.
Il tema del sovranismo e del nazionalismo non è mai stato così forte come in questa campagna elettorale. Ma al tempo stesso lo spazio politico europeo è sempre più transnazionale. I Cinque Stelle che rivendicano la scelta di andare in Francia per sostenere un movimento politico emergente (i Gilet Gialli). Guy Verhofstadt che giustifica il suo “Burattino” gridato in faccia al premier Giuseppe Conte, nell’Aula di Strasburgo, proprio in nome del dibattito politico internazionale. E le liste elettorali che, giorno dopo giorno, si riempiono di «stranieri». Non è certo una novità, ma quest’anno il fenomeno sarà più marcato rispetto al passato. In attesa degli elenchi definitivi, le prime stime dicono che dovrebbero essere una ventina i candidati che correranno al di fuori del Paese in cui fanno politica.
Emmanuel Macron si era battuto per introdurre alle Europee del 2019 le liste transnazionali. Nonostante il forte sostegno di alcuni governi – quello francese e quello italiano (il precedente) in primis -, dei socialisti, dei Verdi e anche della delegazione M5S, un anno fa il Ppe era riuscito a bloccare il piano. «Ma il nostro progetto continua e sono qui in Francia per incarnarlo» spiega Sandro Gozi (Pd), candidato con En Marche. L’ex sottosegretario non è l’unico, visto che con lui – nei primi trenta – c’è anche la ginecologa Chrysoula Zacharopoulou, cittadina greca. Nei prossimi giorni verrà ufficializzato l’elenco di tutti i candidati di En Marche e i non francesi saranno almeno sette. «Senza veri movimenti politici transnazionali – continua Gozi – non avremo mai una vera democrazia europea».
Per questo la formazione che fa capo al numero uno dell’Eliseo non solo accoglie candidati, ma ne esporta anche. Vedi Caterina Avanza, esponente di En Marche, da 15 anni residente a Parigi. La 38enne di origini bresciane sarà in lista con il Pd. Oppure Ugo Lopez, responsabile del partito macronista in Spagna, che si presenterà con la lista di Ciudadanos. Del resto anche l’ex premier francese Manuel Valls (che ha aderito a En Marche) correrà come sindaco a Barcellona. Altro candidato da esportazione è Nicolas Barnier, 33 anni, figlio del capo-negoziatore della Brexit. Macron lo ha spedito in Belgio per correre nelle liste del Movimento Riformatore del premier Charles Michel. L’ex commissaria Neelie Kroes varcherà invece i confini della sua Olanda per finire sui manifesti dei liberali fiamminghi.
Il concetto di transnazionalità è alla base del movimento Diem25, guidato dall’ex ministro greco Yanis Varoufakis. Lui correrà in quella Germania che tanto ha criticato perché – ha spiegato – «in Europa lo scontro non è tra Nord e Sud, ma tra politiche progressiste e politiche autoritarie». E ha scelto proprio la Grecia di Varoufakis l’italiana Luciana Castellina. La fondatrice del Manifesto, 89 anni, sarà in lista con Syriza, il partito di Alexis Tsipras.