La Stampa, 13 aprile 2019
I segreti del conclave di Bergoglio
Nei frenetici giorni dopo la storica e sbalorditiva rinuncia di Benedetto XVI, i pronostici sono per un duello italo-brasiliano tra i cardinali Scola e Scherer. Con l’Arcivescovo di Milano favorito per la successione al Soglio di Pietro. Invece, il risultato della prima votazione del Conclave dice che non sarà così: l’allievo italiano di Joseph Ratzinger riceve 30 voti, ma non la quarantina che molti si aspettavano; ed è incalzato da un certo Bergoglio, “la sorpresa”, scelto da 26 porporati. Terzo Marc Ouellet con 22. L’Arcivescovo di San Paolo si ferma a 4. Significa innanzitutto che gli italiani sono divisi sul loro connazionale, e che, come dice il cardinale Oswald Gracias, «lo Spirito Santo ci stava guidando in una particolare direzione». Svela tutto Gerard O’Connell, vaticanista di “America”, la rivista newyorkese dei Gesuiti, autore di una straordinaria opera di 270 pagine, “The Election of Pope Francis: An Inside Account of the Conclave That Changed History” (Orbis Books, 2019), in uscita oggi. Tra l’altro, O’Connell ha seguito il Conclave anche per Vatican Insider, il portale de La Stampa, citato più volte nel libro.
Ecco l’esito del primo scrutinio segreto, la sera del 12 marzo 2013: Angelo Scola 30, Jorge Mario Bergoglio 26, Marc Ouellet 22 (canadese, prefetto della Congregazione per i Vescovi), Sean Patrick O’Malley 10, Odilo Pedro Scherer 4. «Quel primo voto avrebbe potuto dare l’impressione di incertezza – osserva O’Connell – ma gli elettori lo hanno visto in una luce molto diversa». Nessuno raggiunge i due terzi della maggioranza assoluta, cioè 77 preferenze, e così le schede vengono bruciate, come da tradizione, e arriva la fumata nera. La corsa si prospetta a due: Scola-Bergoglio. E per l’argentino iniziano a spendersi Gracias, Walter Kasper, Laurent Monswengo Pasinya, Óscar Rodríguez Maradiaga, Jean-Louis Tauran, Peter Turkson.
13 marzo. Mattina. I 115 elettori tornano al voto. Risultato: Bergoglio 45, Scola 38, Ouellet 24. È sorpasso. Serve una terza votazione, che porta Bergoglio a 56 e Scola a 41. Il secondo e il terzo scrutinio «indicano la direzione che il Conclave stava assumendo», analizza O’Connell: i cardinali sono pronti «a voltare lo sguardo oltreoceano per eleggere il primo papa del Nuovo Mondo».
Ore 11,39: fumo nero fuoriesce dal camino della Cappella Sistina. I porporati tornano a Casa Santa Marta, loro residenza durante l’assise blindata. Ma non tutti. Scola resta con un gruppo di cardinali italiani suoi sostenitori, tra cui Angelo Bagnasco, Giuseppe Betori e Carlo Caffarra. L’ormai ex favorito «li esortò a votare per Bergoglio, ma loro non ascoltavano; non volevano che gettasse la spugna». Questa richiesta di Scola è una delle svolte.
Nel frattempo, il cubano Jaime Lucas Ortega y Alamino chiede a Bergoglio il testo del discorso che aveva tenuto alcuni giorni prima. L’Arcivescovo di Buenos Aires glielo consegna, e il cubano esclama ad alta voce, affinché gli altri sentano: «Ora ho un testo del nuovo papa!».
Il vento soffia verso Buenos Aires. Ma parte anche la controffensiva di chi non vuole il gesuita. Si diffonde la notizia che Bergoglio ha un solo polmone. Allora, indagano sui presunti problemi di salute Maradiaga e Santos Abril y Castelló, che chiede direttamente a Bergoglio. L’arcivescovo di Buenos Aires nega, raccontando che «nel 1957, a circa 21 anni, si sottopose a un intervento chirurgico per rimuovere il lobo superiore del polmone destro dove aveva tre cisti, ma da allora il suo polmone ha funzionato senza problemi». Altro tentativo per bloccare la sua elezione: un porporato va da Karl Lehmann, avvalorando velenosamente una già nota e smentita “leggenda nera” sul passato di Bergoglio: avrebbe stretto un accordo con la dittatura militare del suo Paese (1976-1983). Lehmann va dal brasiliano Hummes per sincerarsene, e riceve una risposta lapidaria: «È tutto falso!».
Nulla riesce a fermare lo slancio. Lo stesso Bergoglio, durante il pranzo, se ne rende conto. Ma nonostante la pressione attorno a lui, l’ansia non lo prende. È «in pace», e riesce addirittura a fare la sua abituale siesta.
I 115 “principi della Chiesa” tornano nella Sistina, consapevoli di essere vicinissimi alla scelta storica. Votano così: Bergoglio 67, Scola 32, Ouellet 13. C’è un intoppo tecnico: risultano 116 schede, perché un cardinale ha erroneamente inserito nell’urna anche una scheda bianca. Dunque, si deve rieseguire il voto.
Ma ormai «il volere dello Spirito Santo» è chiaro.
Durante la quinta conta, quando per la settantasettesima volta viene scandito il nome «Bergoglio», «ci fu gioia ed entusiasmo», raccontano vari porporati. Esplode un grande applauso. Bergoglio 85, Scola 20, Ouellet 8 è l’esito finale. Bergoglio si alza, va da Scola e lo abbraccia. L’emozione è fortissima. Il nuovo papa sceglie il nome Francesco.
Il mondo intero ha gli occhi puntati sullo Stato più piccolo, inconsapevole di quello che vi accade. Anche dello scrutinio del giorno precedente, da cui si intuiva che per la prima volta il Pontefice poteva «non essere europeo».
Dopo la fumata bianca, l’«Habemus Papam». E dalla loggia della basilica di San Pietro si affaccia un argentino.