la Repubblica, 13 aprile 2019
Gergo da Salone
P oche case ce l’hanno più, quello dei parrucchieri non si chiama più così, quello torinese del libro c’è sempre, però quando si dice “il Salone” si intende per eccellenza quello del Mobile di Milano, con le sue appendici festaiole e modaiole. Un’intenditrice, Chiara Alessi, ha stilato su Twitter un codice per decrittare inviti e testi da catalogo, che riproduco qui per non privare della sua utilità informativa il lettore che sia fuori social. «Moderno: contemporaneo. Esperienziale: lo devi toccare. Installativo: non lo devi toccare. Rooftop: stenditoio. Basement: catacomba. Guida: enciclopedia. Light lunch: vieni mangiata. Fuori fuori salone: paga autostrada. Pone domande: non funziona. Poetico: non funziona e costa». Meriterebbero trattamento analogo anche altri idiomi settoriali, per esempio quello immaginoso degli annunci immobiliari. Questo sul Salone colpisce particolarmente perché riguarda Milano, il design, la comunicazione. Uno dei pochi prestiti linguistici che il dialetto milanese ha fornito al gergo nazionale è “fuffa”, che significa “ciarpame” e “parole vane”. Naturalmente il Salone del Mobile ospita e presenta oggetti che sono tutt’altro che ciarpame e i discorsi che attorno vi si tessono hanno certamente senso. Però ecco che Chiara Alessi ci avverte: se vi dicono non “fuori salone” ma “fuori fuori salone” allora sono chilometri. Non c’è scritto “guardare e non toccare” bensì “installativo": vuole dire la stessa cosa. Insomma, se non è fuffa è pan bagnato. Infine, un avviso: quando Alessi dice che “light lunch” significa: “vieni mangiata” non significa che il light lunch divorerà l’ospite che vi si avventuri. È gergale anche la definizione: significa che da mangiare ci sarà ben poco e quindi conviene presentarsi con un panino d’anticipo già consumato al bar all’angolo.