Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  aprile 12 Venerdì calendario

Con il bonus Sud 8,4 miliardi di investimenti

La conferma che i divari territoriali dell’economia italiana si sono ampliati, tanto nel pieno della crisi quanto nella fase di ripresa, è contenuta nell’allegato del Def sulle «Aree sottoutilizzate». Ma con un Pil che nel 2017 era ancora 10 punti al di sotto del livello del 2008, il Mezzogiorno si proietta verso la legge di bilancio con poche certezze. Né l’allegato né il Programma nazionale di riforma, che del Def è parte integrante, ad esempio, forniscono indicazioni sulla proroga del credito d’imposta per gli investimenti nelle otto regioni meridionali. Una misura che, dati alla mano, ha aiutato il Mezzogiorno dopo un crollo degli investimenti che nel periodo 2008-2016 aveva superato il 33 per cento. Il “bonus”, partito nel 2016 e in scadenza a fine 2019, sembra aver funzionato se ha attivato oltre 51mila progetti agevolati con investimenti superiori a 8,4 miliardi a fronte di un credito di imposta a carico dello Stato pari a 3 miliardi. L’eventuale rinnovo, per il quale potrebbero servire all’incirca 600 milioni, terrà probabilmente banco in vista della manovra d’autunno ma per ora nell’allegato Sud si fa solo riferimento alla «ripresa degli investimenti privati degli ultimi anni che andrà ulteriormente e adeguatamente sostenuta con misure appropriate».
Sembra avere avuto un riscontro inferiore, almeno stando ai numeri del Def, la misura “Resto al Sud” che con un mix di contributo a fondo perduto e finanziamento agevolato incentiva nuove iniziative di imprenditori under 45. L’intervento – finanziato complessivamente con 1,25 miliardi di euro di cui 316 milioni fino al 2018 – ha avuto il suo avvio operativo quindici mesi fa ma al momento risultano approvate domande (in tutto 2.195) solo per 68,3 milioni di euro. Sono invece 5.591 le domande presentate e ancora da approvare, per agevolazioni pari a 173,3 milioni di euro.
Ad ogni modo, in termini prospettici, la novità più rilevante del Def sembra riguardare la spesa per investimenti pubblici. Il Documento infatti contiene la lista dei programmi di spesa ordinaria dei ministeri per i quali va prevista una quota riservata al Mezzogiorno almeno pari alla popolazione di riferimento, quindi il 34%. I programmi, che sono in tutto sedici, sono stati individuati in via sperimentale solo da cinque ministeri: Salute, Infrastrutture e Trasporti, Giustizia, Interno, Istruzione e ricerca. Sono inclusi anche i contratti di programma del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con le società pubbliche Anas (rete autostradale) e Rfi (rete ferroviaria). È comunque solo l’inizio dell’iter visto che entro il 30 giugno dovrà essere emanato un decreto attuativo con le modalità con le quali verificare se le amministrazioni centrali si conformeranno realmente all’obiettivo.
Almeno sulla carta il rispetto del 34% minimo di investimenti al Sud dovrebbe ridurre l’uso ormai radicato dei fondi straordinari (fondi europei e Fondo sviluppo e coesione) in funzione sostitutiva e non addizionale rispetto alla spesa ordinaria dello Stato. Per inciso, proprio l’allegato al Def conferma il flop dei Patti per lo sviluppo finanziati con il Fondo sviluppo e coesione (si veda Il Sole 24 Ore del 13 marzo): su risorse programmate per 14,5 miliardi, al 31 dicembre 2018 i pagamenti erano fermi a 247 milioni (1,7%).