Libero, 11 aprile 2019
Roma ladrona ruba 12 miliardi
Coi debiti non si scherza. Lo sa bene chi ne ha troppi e, da un giorno all’altro, si ritrova senza casa. Ma lo sanno anche le aziende che vanno a gambe all’aria quando il rosso straborda, lo Stato che sborsa 60 miliardi di interessi l’anno sul buco pregresso, i piccoli comuni che devono dichiarare il dissesto quando non riescono più ad onorare i propri impegni. Poi c’è il Comune di Roma. Qui il debito è una roba di poco conto, una quisquilia, un pelucco sulla giacca. Certo, direte voi, la città è così perfetta, pulita, funzionante da rendere difficile ficcare il naso negli affari contabili dell’amministrazione. Eppure, l’operazione con cui i pentastellati al governo (Matteo Salvini ancora sta sbraitando) hanno deciso di togliere le castagne dal fuoco alla sindaca Virginia Raggi non è semplice da digerire. Né da capire. Da una parte ci sono risparmi potenziali (incerti) per 2,5 miliardi, dall’altra 12 miliardi di debiti (certi) scaricati sul groppone dello Stato. In mezzo c’è il buco nero di Roma, una voragine che nel 2008 è stata impacchettata e separata dal bilancio del Comune senza che nessuno, neanche i più esperti, sia tuttora riuscito a definire con esattezza né la sua entità, né la sua composizione. La stessa Corte dei Conti solo qualche settimana fa ha ammesso che è complicatissimo ricostruire i rapporti tra la gestione commissariale che gestisce il debito e la gestione ordinaria dei conti capitolini, sottolineando «la necessità di ulteriori mirati approfondimenti nell’obiettivo di assicurare una maggiore trasparenza contabile». In pochissimi hanno compreso anche in cosa consista con precisione il gioco delle tre carte (contenuto nel decreto crescita) che la scorsa settimana ha permesso alla prima cittadina M5S di dire che «dobbiamo ricominciare a sentirci tutti un po’ più leggeri, visto che con la chiusura della gestione commissariale nel 2021 potremo lasciare ai romani una eredità positiva e non il solito debito che gravava sulle nostre spalle».
SPARITO IL DEBITO
Dov’è finito il rosso se non è più sulle spalle del Comune? Per il viceministro Laura Castelli, non ci sono dubbi: «Lo Stato si accolla una parte del debito finanziario». Allo stesso tempo, assicura però la Raggi, «nessun cittadino italiano ci rimetterà». Possibile? Il debito sparisce? Fosse così, avremmo risolto tutti i nostri problemi. Basta dirlo al ministro Giovanni Tria e da domani via con tagli delle tasse e spese pazze per gli investimenti. La verità, purtroppo, è un’altra. E cioè che le cose cambieranno poco sia per i romani, sia per tutti i contribuenti. Il debito di circa 12 miliardi, infatti, è già a loro carico da tempo. I primi, mentre fanno lo slalom tra i sacchi dell’immondizia e cercano una delle poche fermate della metro rimaste aperte, continueranno a pagare l’addizionale Irpef più alta d’Italia (0,9%) per versare 200 milioni l’anno (nel malloppo c’è anche la tassa di un euro per chi vola da Fiumicino). I contribuenti continueranno a pagare le tasse da cui lo Stato preleva 300 milioni l’anno. In tutto fanno 500 milioni.
SINDACI BEFFATI
Va avanti così dal 2010 e proseguirà fino al 2048, anno in cui finisce il piano di rientro concordato. La chiusura della gestione commissariale dal 2021 consentirà al governo di rinegoziare a condizioni più favorevoli i mutui, che sono contratti con la controllata del Tesoro Cdp. Di qui la stima, del tutto aleatoria, di 2,5 miliardi di euro di risparmi. Ma allo stesso tempo tutta la parte non commerciale del debito, circa 9 miliardi di euro, finirà direttamente nella contabilità dello Stato. In altre parole, verrà incorporata nella finanza pubblica. Con tutti i rischi del caso. Se cambia poco sotto il profilo pratico, cambia moltissimo sotto quello politico. Chi glielo spiega ora ai comuni che tirano la cinghia tutti i giorni, a quelli che non riescono a far tornare i conti e a quelli che invece li fanno quadrare alla perfezione? Saranno adottati simili provvedimenti a favore degli oltre 400 sindaci italiani che hanno dichiarato il dissesto finanziario o che hanno fatto ricorso alla procedura di riequilibrio pluriennale? Verrà aumentato l’esborso di circa 530 milioni l’anno che il ministero dell’Economia effettua per le numerose gestioni commissariali (compresa Roma) sparse per l’Italia? Senza contare che lo Stato che ha deciso di abbonare il debito alla Raggi è lo stesso che negli ultimi 7 anni ha tagliato di 22 miliardi i trasferimenti a comuni (8,3 miliardi), regioni (7,2) e province (3,5). Ed è lo stesso che continua a nicchiare sulla richiesta di autonomia da parte dei governatori che sanno gestire i servizi e la finanza locale. Se proprio si voleva fare un regalo al sindaco di Roma, non bastavano un paio di ramazze?