il Giornale, 11 aprile 2019
Perché bisogna leggere Camon
Siete pronti a una lunga citazione? Se ve la propongo io, che delle lunghe citazioni sono nemicissimo, dovete fidarvi, dovete credere che non è evitabile né accorciabile. Eccola. «Non possiamo convivere con l’Islam terrorista, con l’Islam integralista, neanche con l’Islam semplicemente ortodosso. Un cittadino convinto di essere lui nella verità e tutti gli altri nell’errore, convinto che lui vale più di tutti gli altri, che lui uomo vale più di sua moglie e può picchiarla, che i suoi figli maschi valgono più delle sue figlie femmine, che la teocrazia è l’unico governo giusto e la democrazia è sbagliata, quest’uomo può vivere soltanto dentro la sua civiltà. Non può uscire. È inadatto all’espatrio. Un islamico non dovrebbe avere il passaporto valido per tutti i paesi del mondo, ma solo per i paesi islamici. Dovrebbe stabilirlo l’Onu».
Questo brano dal profumo fallaciano l’ho estratto da Scrivere è più di vivere di Ferdinando Camon. Il vecchio (classe 1935) scrittore padovano è da parecchio tempo Coscienza del Veneto ma a questo punto potrebbe benissimo diventare Coscienza d’Italia, se non fosse che nel resto della nazione i veneti sono considerati solo fornitori di pittoresco: di pittoresco leghista (tante ciacole, dal tanko di piazza San Marco al doge Zaia, ma autonomia nessuna), di pittoresco alcolista (lo spritz scadente e il prosecco onnipresente), di pittoresco televisivo (penso a Massimo Cacciari veneziano e a Mauro Corona che sarebbe friulano però comunque triveneto e veneto-percepito). Eppure, morto Ceronetti, silenti Alvi e Arbasino, se cercate una riflessione passabilmente profonda sulla povera patria è a Camon che dovete rivolgervi. Per la precisione a questo piccolo libro edito da Guanda che può sembrare un collage non dichiarato di interventi giornalistici, e forse almeno in parte lo è, ma che ciò nonostante ha la forza della letteratura vera ossia di quella prosa che supera la contingenza e mantiene la propria efficacia nel tempo.
«In Friuli, per non urtare gli alunni islamici, una maestra guida la sua terza elementare a cantarla sostituendo il nome di Gesù con Perù. Succede a Zoppola, in provincia di Pordenone, ma non ha rilevanza locale, ha rilevanza nazionale. È successo che un’insegnante di un istituto friulano intitolato a un missionario cattolico ha applicato in pieno il primo e più rigido principio dell’Islam. Che dice: Il fedele vale più dell’infedele». Ecco un’altra citazione lunghetta, necessaria per mostrare come Camon passi con scioltezza dalla cronaca alla storia, cogliendo l’attimo in cui un episodio si fa epoca. Camon è cattolico come me, a differenza di me cattolico democratico e tuttavia, come a furia di virgolettati credo di aver dimostrato, non ha portato il cervello all’ammasso del multiculturalismo. Anzi anzi: se fosse preso sul serio rischierebbe grosso. Dire come dice a pagina 108 che anche un musulmano «semplicemente ortodosso» non dovrebbe poter vivere in Italia è andare oltre Salvini, il cui pensiero è noto: «Gli immigrati regolari che lavorano, pagano le tasse e mandano i figli a scuola sono miei fratelli». Il ministro dell’Interno riduce tutto a economia e ordine pubblico, ignorando, o fingendo di ignorare, la faccenda culturale. Magari i sondaggi gli hanno detto che gli italiani, compresi gli italiani di centro-destra e quindi, in teoria, gli italiani più italiani, sono insensibili a questo ritorno a Metternich ovvero all’Italia espressione geografica, contenitore da riempire, accampamento di contribuenti purchessia.
Comunque, dire quello che dice Camon a pagina 108 forse è pure contro la legge e mi riferisco alla liberticida Legge Mancino: io, che non sono protetto dalla veneranda età, e che osservo con sconforto il quotidiano restringersi della libertà di espressione e di stampa in Occidente, e che non intendo spendere soldi in avvocati e tempo in tribunali, quando scrivo di maomettani vado più cauto del solito. Per questo considero tanto prezioso un vecchio scrittore che si permette di dire l’indicibile ossia la verità.
Ci sono pagine di Scrivere è più di vivere molto meno problematiche. Le osservazioni sugli orsi in Trentino, sui pedofili nella Chiesa, sugli psicanalisti in Vaticano, non stonerebbero in un libro di Michele Serra. Ma per fortuna Camon subito dopo torna alle sue asprezze e alle sue altezze. Contro l’utero in affitto: «Una violenza sulla maternità, sulla donna, sulla Natura. Non riesco a capire come la Legge lo permetta». Contro il gender nelle scuole: «È così che s’instaura il disordine sessuale nella vita dei bambini». Forse raggiunge la cima della scorrettezza politica, dell’audacia letteraria, dell’evidenza antropologica quando ragiona su una festa di denatalisti (non bastava la denatalità, ci volevano anche gli entusiasti della medesima), organizzata guarda caso nella capitale della decadente Unione Europea: «A Bruxelles alzano boccali di birra per la gioia di non avere figli? Avranno, come tutti, disgrazie nella vita, ma nessuna sarà più grave di questa».