Corriere della Sera, 11 aprile 2019
Parla il bisnipote di Mussolini
«Quando ho sentito le sciocchezze della Boldrini che voleva demolire i monumenti cancellando un pezzo di storia patria, mi sono sentito ribollire il sangue e mi son detto, “è arrivato il momento”». Il cognome è Mussolini. E al suo apparire, nelle liste di FdI alle europee, Caio Giulio Cesare, bisnipote del Duce, ha scatenato polemiche feroci: ma lui, 50 anni, sommergibilista poi manager internazionale in Oto Melara e Finmec, al Corriere respinge gli attacchi di chi lo vive come l’ultima eredità del dittatore.
Lui non lo definisce così. Alla domanda su chi era Benito in casa Mussolini risponde: «Ne abbiamo sempre parlato tanto, cercando di distinguere il piano familiare da quello politico. I ricordi sono tanti, personali che conservo gelosamente. Ma anche in tutta Italia se ne parla tutti i giorni. Ha lasciato il segno nelle vite, nelle città e nella memoria di tutti gli italiani. Penso che il giudizio sul mio bisnonno lo debbano dare gli storici. Io sono un militare che si candida». Ma che è già accusato di solleticare pulsioni fasciste. «Il fascismo è morto con Benito Mussolini. Ieri ho attraversato l’Agro pontino, descritto da Antonio Pennacchi. I figli dei pionieri della bonifica ancora piangono quando raccontano cosa accadde. La storia non è bianco o nero». Le leggi razziali sì. E lui lo ammette: «Sono una ferita aperta per me. Non credo ci sia una sola persona di buon senso che le difenda. Furono il primo vero momento di disamore del popolo italiano verso il fascismo». E il resto? «Non mi candido a fare lo storico. Non mi paragono a nessuno. Io sono Caio. Ho due lauree, parlo tre lingue. Ho delle qualità e cerco di affermarle. Ho girato mezzo mondo e ho capito quanto i nostri interessi siano poco e male rappresentati. Ci vuole più Italia, altro che “più Europa”. Dobbiamo fare squadra e farci valere. Tutti insieme, destra, sinistra, sopra, sotto». Ma il manifesto non evoca il fascismo? «No. È un font déco . Il fascismo è solo un’ossessione di tanti ignoranti. E l’Italia è storia e futuro». Dell’eredità politica del Duce dice di non aver «mai avvertito il peso»: «Ho sempre pensato solo a fare il mio dovere, a servire il mio Paese. Ho giurato fedeltà alla Repubblica e ho cercato di farmi un nome».
Sull’immigrazione apprezza Salvini che «ha messo un freno agli arrivi» anche se, «dopo l’intervento francese in Libia (altro che Europa unita...) l’Africa è una polveriera. Bisogna stabilizzare il Sub-Sahara, la Libia e cercare uno sviluppo sostenibile. O la demografia ci condannerà all’invasione. Ho letto che anche alcuni vescovi dicono “no” alla logica folle dell’accogliamoli tutti. Mi pare buonsenso». Ma allora perché non sta con Salvini? «Giorgia è una patriota. Da sempre».