la Repubblica, 11 aprile 2019
Quanto poco sanno i ragazzi del sesso
Le risposte sbagliate: la cistite diventa trasmissibile con il sesso. E la sifilide invece no L La cistite come l’Hiv o la clamidia. La metà dei giovani non sa che l’infiammazione della vescica non è una malattia sessualmente trasmissibile (Mst). Ma l’altro 50% del campione – che invece lo sa – non è poi tanto più informato: il 18% ha risposto che il papilloma virus non è trasmissibile per via sessuale, e ovviamente è vero il contrario, il 9,8% pensa lo stesso della gonorrea, il 4,5% della clamidia, il 4,4% di Hiv e il 3,8% della sifilide. Tutte malattie sessualmente trasmissibili. E invece il 9,4% pensa che nessuna di queste malattie si possa diffondere per via sessuale.
Anche quando il livello di conoscenza è buono, come nel caso del preservativo, il comportamento non è coerente: anche se l’81% dei ragazzi sa che il condom protegge dalle Mst solo il 52% lo utilizza sempre. «È un dato preoccupante», fa notare Massimo Andreoni, direttore della Clinica di malattie infettive del Policlinico di Roma Tor Vergata e direttore scientifico della Società italiana malattie infettive e tropicali ( Simit). «I ragazzi sanno che se non usano il preservativo possono contrarre una Mst – spiega – ma lo usano poco e non fanno nemmeno il test per verificare se questa cattiva abitudine abbia avuto conseguenze sulla loro salute».
Il 51% dei ragazzi attivi sessualmente non ha mai fatto il test per l’Hiv e il 39% quello per le altre Mst. Un quadro che conferma quanto sta accadendo in Italia. Secondo gli ultimi dati dell’Istituto Superiore di Sanità, negli ultimi 6- 7 anni le malattie sessualmente trasmesse stanno progressivamenteaumentando. «La sifilide – prosegue l’infettivologo – è aumentata del 70%, l’infezione da clamidia è raddoppiata. Il numero di nuove infezioni da Hiv è stabile con circa 3.500 casi nuovi l’anno di cui l’ 84% dovuti a trasmissione sessuale, ma il rischio di contrarre Hiv in una persona con una Mst aumenta di 75 volte».
Fare il test per l’Hiv, dunque, sarebbe importante per chi ha una vita sessualmente attiva. Anche per seguire subito la terapia ed evitare i danni del virus. Ma perché i ragazzi lo evitano? «Uno dei punti critici sta nel fatto che i minorenni devono chiedere l’autorizzazione ai genitori o al tutore, cosa che li scoraggia perché non hanno il coraggio di parlarne in famiglia», spiega Andreoni. Di recente il ministro della Salute, Giulia Grillo, ha annunciato che, insieme al Garante dell’infanzia, si sta lavorando ad una norma che preveda la possibilità per i minorenni di fare il test Hiv anche senza il consenso dei genitori “in contesti protetti e dedicati”. Un passo avanti.
«Già da tempo – conclude Andreoni – molti centri hanno aperto le porte ai minorenni che chiedono di fare il test dell’Hiv. A patto però che abbiano compiuto almeno 16 anni e siano accompagnati da un maggiorenne. E chiarendo che, in caso di positività, i genitori saranno informati». È un buon inizio. Si spera che i ragazzi si decidano ad andare.