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 2019  aprile 11 Giovedì calendario

Giulia Bongiorno: «Prenderemo i soldi dai tagli alla spesa Il ddl Pillon va cambiato»

Giulia Bongiorno, Ministro per la pubblica amministrazione, è nata a Palermo.
«Mai rinunciare a un provvedimento in cui credi e che ritieni corretto, anche quando sembra che tutto il mondo sia contrario. Vale per il mio ddl Concretezza appena approvato alla Camera. Vale per la flat tax e per le scelte politiche che Matteo Salvini sta portando avanti, dalla legittima difesa allo stop agli sbarchi dei clandestini». Giulia Bongiorno, ministro della Funzione pubblica, ha incassato da Montecitorio il via libera al disegno di legge che introdurrà nella pubblica amministrazione il controllo delle impronte digitali anti furbetti. L’ultimo passaggio sarà al Senato. «Alcuni parlavano di misura invasiva, di lesione della privacy. In realtà mi è stata sollecitata da dipendenti e dirigenti onesti, che sono la gran parte, stanchi di dover lavorare per i colleghi». La flat tax alla quale tanto tiene la Lega, nel Def appare invece sfumata. Difficilmente la porterete a casa. «La cosiddetta tassa piatta è prioritaria per la Lega. È stata promessa e si farà. Non era essenziale definirla nel Def, la sede naturale sarà la legge di bilancio a fine anno». Sì, ma con quali risorse? Servirebbero 12 miliardi. A sentire il ministro dell’Economia Tria l’unica soluzione a questo punto è l’aumento dell’Iva. «C’è un vasto piano di spending review, di taglio della spesa pubblica, l’aumento dell’imposta sui consumi non è nemmeno da prendere in considerazione». Prima della legge di bilancio potreste essere costretti a una manovra correttiva, dato che la previsione di crescita allo 0,2 conferma una quasi recessione. «È escluso. Certo, la congiuntura internazionale non ci aiuta, ma l’economia ripartirà grazie alle nostre misure. Riformare la giustizia e la burocrazia darà un impulso che produrrà i suoi effetti nel tempo». A proposito di giustizia, Salvini nel suo pranzo di ieri con il premier Conte e Di Maio ha preteso un timing proprio per la riforma della giustizia. «Il tema è centrale e riguarda sia i diritti e la libertà dell’individuo, che non può restare ostaggio della giustizia per sette anni come avviene adesso, sia l’economia. Molti imprenditori stranieri rinunciano a investire in Italia perché non si sentono tutelati dai tempi della nostra giustizia. Dobbiamo ridurre quelli dei processi penali senza intaccare le garanzie: è questa la grande sfida». Ministro, che ne sarà del vostro governo dopo le Europee? Se gli equilibri Lega-M5S saranno capovolti? Andrete avanti magari con un rimpasto? «La parola rimpasto non fa parte del nostro vocabolario. Non siamo approdati al governo per conquistare nuove poltrone o scambiarne altre. Oggi la Lega è un partito nuovo, ha una natura inclusiva. La mia stessa adesione al progetto, del resto, era impensabile anche pochi anni fa». D’accordo, ma dal 26 maggio che farete? «Ripeto, non c’è ansia di poltrone». Ma la convivenza sembra impossibile. Proprio sicura che questa formula coi 5 stelle funzioni? «A me i colleghi della Lega piacciono, sono concreti, ottimi amministratori. Con gli alleati… abbiamo avuto percorsi diversi, ecco, sensibilità diverse. Ad esempio sulle grandi opere, sugli investimenti, io correrei di più pur di rimettere in moto il Paese. Finora ci siamo venuti incontro, facendo ciascuno mezzo passo avanti». Lei non proviene da una militanza di lungo corso nella Lega, come ha ricordato. Proprio per questo, le alleanze di Salvini con l’estrema destra europea le provocano disagio? «Salvini mi sembra in assoluto la persona meno legata alle ideologie. È un leader che crede in alcuni valori: il rispetto delle regole, l’ordine, la legalità». È anche il ministro della chiusura dei porti, della stretta sull’immigrazione, della rimozione dei campi rom. Col plauso della destra europea, appunto, e l’accusa da sinistra di razzismo. «Prima di lui c’era il caos e il disordine, ora si sta lavorando per superarlo. Nella parola razzismo non ritrovo il Salvini che conosco, tanto meno mi riconosco io». E lei invece si definisce una donna di destra? «Sono nata nel ‘66, ho anche partecipato alle iniziative della fondazione VeDrò di Enrico Letta, un’area culturale davvero trasversale e post ideologica. A me viene difficile definirmi di destra o sinistra. E in tema di diritti civili spesso sono stata accusata addirittura di essere di sinistra. Figurarsi. Credo solo che le regole vadano rispettate. Credo nel garantismo. E pretendo rispetto per l’autodeterminazione della donna». A proposito di diritti civili, Di Maio sostiene che il ddl del leghista Pillon sull’affido condiviso vada riscritto, mette a rischio l’equilibrio dei figli. «L’esame in commissione Giustizia al Senato è stato rinviato a maggio. La materia va sicuramente disciplinata, ma sono stata la prima a sostenere che, pur se un buon punto di partenza, andasse modificata. Non si può parlare genericamente di minori, senza distinguere un bambino di 3 o di 12 anni. E poi, sono contraria alla suddivisione aritmetica del tempo tra genitori, andrà lasciato al giudice un margine di discrezionalità». Al congresso della famiglia di Verona, Salvini è andato ed è stato acclamato. Lei no. «Se invitata, sarei andata anche io. Come lui, per ribadire che sui diritti civili non si torna indietro».