il Fatto Quotidiano, 11 aprile 2019
Amedeo Balbi spiega cosa sono i buchi neri
La foto era attesa. Ieri è arrivata: l’immagine di un buco nero, risultato del progetto internazionale Event Horizon Telescope, al quale l’Italia partecipa con Istituto Nazionale di Astrofisica e Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. La materia è difficile, ma talmente interessante che non possiamo ignorarla. A spiegarcela è Amedeo Balbi, astrofisico dell’Università di Tor Vergata a Roma.
Balbi, insomma: cosa stiamo vedendo?
C’è una parte che brilla: quella è luce. Viene dalla materia che precipita nel buco nero e che emette energia perché è accelerata ad una velocità prossima a quella della luce e quindi si riscalda. Poi c’è la parte nera, il buco nero, regione di spazio da cui non può sfuggire nulla, neanche la luce.
Dove si trova?
Dentro una galassia che si chiama M87 e che è a 55 milioni di anni luce. Questo significa che la luce impiega tutto questo tempo per arrivare fino a noi.
E che guardiamo un evento di 55 milioni di anni fa.
Praticamente sì.
Quali sono le caratteristiche della galassia?
È una regione abbastanza piccola sulla scala dell’universo, più piccola del nostro sistema solare. Ma è come se al suo interno ci fossero sei miliardi e mezzo di stelle pari al Sole: una massa pazzesca, compressa in un volume piccolo. È questo che provoca il buco nero. Si crea una gravità così forte che nulla può più uscire.
Perché è stata scelta questa galassia?
È tra quelle più vicine a noi, che sappiamo poteva avere un buco nero al suo interno. Dalle osservazioni si era capito che poteva essercene uno molto grande e che avrebbe potuto avere un profilo luminoso. Ce n’è comunque un altro di cui sentiremo parlare…
Quale?
È al centro della nostra galassia, più piccolo ma anche più vicino. È l’altro obiettivo che avevano in progetto di analizzare.
Come l’hanno fotografato?
Questa osservazione non si fa con i telescopi normali ma con quelli radio, che sono come grosse parabole che non captano luce ma onde radio. I buchi neri, nelle galassie, sono coperti dal materiale che c’è intorno – altre stelle, polveri – e quindi la luce normale viene assorbita. Le onde radio riescono invece a penetrare questa materia. Per vedere questo buco sarebbe però servita una antenna grande come la Terra. Si è pensato allora di mettere in collegamento tra loro tutti i radiotelescopi esistenti generando così un radiotelescopio virtualmente grande quanto la Terra.
Usa il termine “vedere”…
Ovviamente non è stata scattata una foto, ma sono state tradotte in immagini le radiazioni elettromagnetiche. È lo stesso procedimento della macchina fotografica: cattura una radiazione e i sensori la trasformano in immagine.
Cosa conferma questa immagine?
I buchi neri come li avevamo immaginati sulla base di equazioni e modelli di calcolo. Insomma, la Teoria della Relatività generale di Einstein è corretta. L’occhio attento riesce a vedere che i raggi luminosi attorno al buco nero hanno una curvatura. La massa ‘piega’ lo spazio. Lo sapevamo già, ma questa è l’ennesima conferma.