Libero, 10 aprile 2019
La Cina va a caccia di cristiani
Il regime cinese perseguita i cristiani in due modi. Attraverso la Chiesa delle Tre Autonomie fondata nel 1951 in nome di “autogoverno”, “autofinanziamento” e “autopropaganda”, ovvero imponendo a gruppi e movimenti un’autarchia il cui vero volto è il totale asservimento al Partito Comunista e vessando chi resiste attraverso le cosiddette Chiese domestiche “dissidenti”. Questi i protestanti. Quanto ai cattolici, a cercare la domesticazione è l’Associazione patriottica cattolica cinese, fondata nel 1957, e per gli altri, i clandestini, c’è solo la vessazione. Ai controllati è vietato mandare i minorenni al catechismo, avere chiese “troppo alte”, ottenere permessi per iniziative normali, affittare locali e aule per riunioni, e così via. Per i disobbedienti è aperta la stagione della caccia che li costringe negli organismi di Partito, a essere rieducati ideologicamente o persino peggio. Ora, siccome non hanno chiese vere e proprie, vietatissime dal governo, i clandestini si riducono a riunirsi e a celebrare la liturgia in luoghi di fortuna, magari nei boschi nottetempo e alle intemperie, oppure, se sono appena più fortunati, nell’appartamento di qualche benefattore, nello scantinato di un amico o, camuffandosi bene, in una sala per attività culturali. Ma il regime ha mangiato la foglia e adesso risponde rispolverando uno dei metodi comunisti più classici e odiosi: la spiata.
I TRENTA DENARI
L’occhio che non dorme mai del regime offre infatti denaro facile ed esentasse a chi spiffera gli indirizzi dei luoghi dove i cristiani si riuniscono. Le taglie sul capo dei cristiani variano: chi fornisce alla polizia informazioni sicure intasca fra i 100 e i 1.000 renminbi, ma se fornisce anche aiuto alle indagini su un’organizzazione religiosa illegale la forchetta sale a 1.000-3mila renminbi, e pure a 5mila se il gruppo religioso ha legami con l’estero. Chi invece dia notizie utili per arrestare qualche leader porta a casa fino a 10mila renminbi. Sempre comunque roba da miserabili, visto che 100 renminbi sono 13 euro e 10mila poche briciole più di 1.300. A rivelarlo è AsiaNews, l’informatissima agenzia stampa del Pontificio Istituto Missioni Estere diretta da padre Bernardo Cervellera, ma il quotidiano specializzato online in otto lingue Bitter Winter precisa che nella città di Guangzhou (che una volta si diceva Canton) sono stati emessi ben due documenti ufficiali per regolamentare il business di Giuda. Uno fissa modi e prezzi, l’altro precisa stucchevolmente che la caccia alla resistenza cristiana serve a proteggere le attività religiose legali da quelle illegali. Il discrimine lo fissa però il PC: legali sono le fedi che si lasciano comunistizzare, illegali le altre.
L’ACCORDO SEGRETO
Guangzhou è il caso di scuola, ma gli spioni sono ovunque. I primi colpiti sono i protestanti, ma a ruota seguono pure i cattolici. L’accordo segreto provvisorio stilato in settembre da Pechino e Santa Sede viene infatti sistematicamente interpretato dal regime come il via libera all’annientamento dei cattolici clandestini mediante assimilazione all’Associazione patriottica filogovernativa, e chi non ci sta viene “rieducato”. Lo stesso avviene del resto per gli altri, grazie ad associazioni “patriottiche” statali anche per islam, buddhismo e taoismo. Da notare è che il secondo documento di Guangzhou punta anche ai «fedeli con posizioni di responsabilità in organizzazioni religiose illegali all’estero». Cosa voglia dire non si sa, ma che si tratti di atti ostili contro Stati stranieri è evidente.