Corriere della Sera, 10 aprile 2019
Pinocchio lirico superstar
«Pì-pì-pì, pì-pì-pì, zum, zum, zum, zum». Pifferi e colpi di grancassa. Suoni irresistibili per Pinocchio, che ha appena giurato a sé stesso di mettersi a studiare l’abbecedario costato a Geppetto la sua unica casacca. Ma poi, ecco che da lontano gli arriva quella musica. Così inattesa e seducente da fargli decidere seduta stante di abbandonare la via della scuola per seguire i pifferi magici che lo condurranno nel teatrino dei burattini di Mangiafoco. Prima tappa di quel percorso di «mala educazione» anarchica che ha fatto la fortuna del capolavoro di Collodi. Perché i bimbi obbedienti andranno anche in paradiso, ma per conquistare bambini di ogni età da 150 anni a questa parte, i discoli disobbedienti funzionano molto meglio.
«Pì-pì-pì, zum zum». La musica entra al capitolo nove, giusto un quarto dei 36 in cui si snodano Le avventure di Pinocchio. Compare una sola volta ma è fatale. Non sappiamo se il burattino, una volta «rinsavito» in bravo ragazzo, si farà ancora sedurre dalla sua malia. Quel che è certo, a conquistare la musica sarà lui, come pure le ribalte e il cinema. Il teatrino di Mangiafoco era il giusto presagio di una sua carriera luminosa nel mondo dello spettacolo. I film su di lui non si contano, da Disney a Totò a Comencini, con la deliziosa marcetta di Fiorenzo Carpi. E poi le versioni sceniche, straordinaria e pochissimo per bambini quella di Carmelo Bene, le canzoni, il Carissimo Pinocchio di Dorelli, il Burattino senza fili di Edoardo Bennato, i musical...
Pinocchio superstar, oggi più che mai. Mentre Matteo Garrone sta girando un nuovo film su di lui, con Benigni ex burattino (15 anni fa nel film ereditato da Fellini) ora nei panni di Geppetto, la lirica ha appena sfornato tre titoli sull’eroe di Collodi. Prima Le avventure di Pinocchio di Lucia Ronchetti in scena all’Opera di Roma qualche mese fa, poi il Pinocchio di Pierangelo Valtinoni, libretto di Paolo Madron, applaudito a marzo al Regio di Torino. E ora, dal 16 maggio, al Petruzzelli di Bari Ciao Pinocchio, regia di Walter Pagliaro, direzione musicale di Alessandro Cadario, libretto e musica di Paolo Arcà, compositore, ex direttore artistico della Scala, e attualmente della Società del Quartetto di Milano.
«Pensando a un’opera per bambini, tra tante fiabe Pinocchio è stata la prima a venirmi in mente – racconta —. Perché non solo è una storia perfetta e universale, ma anche un archetipo di iniziazione alla vita, dove un piccolo discolo bugiardo e credulone, diventa, attraverso una serie di prove, un essere umano responsabile e assennato».
Un percorso di trasformazione che ha dato adito a diverse chiavi di lettura, da quella religiosa, Pinocchio metafora del Cristo, a quella esoterica, Pinocchio favola massonica. Per non dire della versione psicanalitica, con quel naso che si allunga allo scoccare della bugia ma anche in vicinanza della Fata Turchina, unico personaggio femminile, un po’ madre, un po’ oggetto di desideri presenti pure in un corpo di legno. «Teorie stimolanti, ma quel che a me interessava – prosegue Arcà – è mantenere l’incanto e la poesia di un capolavoro visionario. E farne un’opera vera, con un’orchestra di 60 elementi, coro e cantanti, per un pubblico infantile al primo approccio con la lirica. Quindi, musica tonale, melodie orecchiabili, otto scene capaci di condensare in un’ora la vicenda».
Sarà pure il Grande Bugiardo della nostra letteratura, l’emblema di un popolo che della menzogna e creduloneria ha fatto i suoi vessilli, ma resta comunque il portatore sano di valori fondamentali. «La trasgressione in nome della libertà e della curiosità. E l’amore incondizionato di un padre, pronto a perdonare sempre. Un messaggio di fratellanza e tolleranza da tenere a mente di questi tempi».