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 2019  aprile 10 Mercoledì calendario

Le elezioni in India durano un mese e mezzo

Novecento milioni di indiani a giorni si muovono verso i seggi elettorali tra città e villaggi, dai ghiacciai dell’Himalaya alle spiagge della punta Sud di Kanya Kumari. Mai come in questo voto che inizia domani per concludersi il 19 maggio la tecnologia e i nuovi media giocheranno un ruolo decisivo nel più grande esercizio di democrazia al mondo.
Ma se molti vengono contattati e spesso convinti attraverso via rete e telefono, quest’anno c’è una nuova forma di propaganda che sfrutta la più tradizionale industria cinematografica di Bollywood per creare eroi in carne ed ossa tra i politici del momento. Nasce così il colossal subito controverso dal titolo “PM Narendra Modi” destinato – secondo il regista – a uscire nelle sale proprio domani, una biografia agiografica autorizzata del premier indiano, da scugnizzo venditore di tè nelle stazioni del Gujarat a stella del firmamento nazionale.
Deciso a vincere ancora un mandato, nonostante le molte promesse economiche non mantenute e le accuse di favorire il fondamentalismo religioso, Modi aveva dato il suo o.k. da tempo alla pellicola che ne ripercorre la carriera. Il suo ruolo è recitato da un ammiratore di lunga data, l’attore Vivek Oberoi, riportato in auge dopo un certo declino, e ha un taglio «ispirazionale» – come l’ha definito il regista Sandip Ssingh.
L’aspirazione legittima di un capo di Stato con 43 milioni di followers su Twitter di lasciarsi immortalare sul grande schermo è diventata però fonte d’imbarazzo vista la più che sospetta coincidenza dell’uscita in sala e dell’apertura delle urne.
La reazione indignata dell’opposizione e in particolare del Congresso guidato da Rahul Gandhi non si è fatta attendere. Il suo partito – autore di un Manifesto dove promette una specie di “reddito di cittadinanza” di 80 euro al mese – ha chiesto alla Commissione elettorale di indagare su eventuali «fondi neri utilizzati per finanziare il film».
Inutili a quanto pare i tentativi di impedirne l’uscita in violazione delle regole della campagna per il voto, il Congresso ha puntato a denigrarlo con toni sprezzanti: «È un film fasullo – ha detto il portavoce Randeep Surjewala – su un eroe flop, fatto da un produttore di flop e realizzato su un flop che ha dimostrato di essere uno zero».
La replica del regista è stata che a conti fatti – ogni polemica diventa semplice propaganda per il suo prodotto col quale – ha detto – «ha voluto raccontare un grande uomo» «un guardiano degli interessi della sua gente».
"Chowkidar” (guardia) Narendra Modi è proprio il nomignolo che il premier – seguito da molti leader del Bjp e del governo – si è dato su Twitter dopo che Rahul aveva ironizzato twittando a sua volta “chowkidar chor hai” (la guardia è il ladro) riferendosi a uno scandalo di aerei francesi commissionati da Modi a Parigi scavalcando i suoi stessi ministri.
La guerra di parole tra i due protagonisti di una disfida elettorale con molti comprimari importanti – come la sorella di Rahul, Priyanka e certi popolarissimi leader regionali – vede però lo stesso candidato premier della dinastia Gandhi reticente a esprimersi personalmente sul film del suo avversario. Forse perché la moda dell’autopromozione politica usando “il fascino dell"iper-realismo di Bollywood” ha contagiato anche lui. A giorni si aspetta infatti l’uscita di “My name is RaGa”, un titolo che è sintesi del nome di Rahul ma anche un riferimento al più popolare genere musicale indiano. Il trailer ha tra le scene più forti i giorni dell’infanzia e della gioventù funestati dagli omicidi di sua nonna Indira e poi di suo padre Rajeev, simboleggiati da una bambola insanguinata nelle sue mani innocenti.