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 2019  aprile 10 Mercoledì calendario

Il sorpasso dei pirati di Pezzotto tv

Altro che Rai e Mediaset, altro che Sky e La7. Da qualche tempo a questa parte il già traballante mercato televisivo italiano è costretto a registrare la resistibile eppure incontrastata ascesa, in termini sia di pubblico sia di guadagni, di un nuovo, insospettabile canale: Pezzotto tv. Gli addetti ai lavori hanno preso a chiamarlo così, ispirandosi allo slang campano che con “pezzotto” indica lo “scatolotto”, e cioè il decoder illegale (nome tecnico Box Android) che, al costo di 10 euro di abbonamento più 110 di hardware, consente piuttosto facilmente di vedere in chiaro tutti i canali altrimenti criptati, tra gli altri, Sky, Dazn, Mediaset Premium e Netflix.

Operatori nel mirino
La fenomenologia del Pezzotto tecnologia straniera implementata in Italia – è nota da tempo, quello che non era noto fino pochi giorni fa erano le sue reali, crescenti, dimensioni. Secondo le stime ufficiose che circolano negli uffici della Lega Serie A, l’istituzione più danneggiata da questa forma di pirateria, il Pezzotto quest’anno ha fatto più abbonati di quanti ne aveva lo scorso anno Mediaset Premium. Due milioni contro un milione e mezzo. Un dato che ha fatto suonare l’allarme rosso ai vertici del Palazzo del calcio che, stanco del saccheggio, ha deciso insieme a Sky e Dazn di reagire. Portando in tribunale le Telco – Telecom, Vodafone, Wind, Fastweb e Tiscali – sulla cui rete si appoggia l’intera infrastruttura illegale. L’accusa, in sostanza, è quella di una forma indiretta di connivenza.
Storia di un sorpasso
I dati del sorpasso del Pezzotto ai danni di Mediaset sono saltati fuori mentre in Lega cercavano di analizzare il comportamento degli utenti, chiamati a migrare dal sistema “Sky-Mediaset” dell’ultimo triennio, a quello attuale “Sky-Dazn”. «Leggendo i flussi – spiegano da via Rosellini ci siamo accorti che almeno un milione di utenti ce li siamo persi per strada». Questo milione va sommato agli utenti del Pezzotto già censiti lo scorso anno. «Alla fine, quella di due milioni, è una stima per difetto». In realtà, la migrazione degli utenti è avvenuta eccome, ma nella direzione sbagliata: quella illegale. Svariate, secondo le analisi, le ragioni di tale successo. Si va dalla “predisposizione culturale verso la pirateria di una grossa fetta del Paese” (a quanto pare tra i “clienti” ci sarebbero persino dei calciatori di Serie A) alla facilità di accesso alla “scatoletta” (che nel caso in cui gli utenti dispongano di una smart tv non serve nemmeno, basta un codice): le prime indagini della Direzione nazionale antimafia raccontano di un giro di tassisti campani che insieme al box danno in omaggio una maglietta col brand PZZ8 ( grafica stile Dazn).

I danni al sistema
Al di là degli aspetti più folkloristici del fenomeno, va chiarito che il Pezzotto produce un danno enorme al sistema. Basti pensare che circa il 60 per cento del calcio italiano si sostiene grazie agli introiti dei diritti tv, per acquistare i quali Sky e Dazn versano ogni anno 970 milioni di euro alla Lega. Dall’altra parte il giro d’affari annuale derivante dalla sola pirateria relativa alla Serie A si aggira intorno ai 200 milioni di euro l’anno, e distrae guadagni che secondo le stime più ottimistiche sarebbero di poco inferiori al miliardo l’anno.

Lo scontro con le Telco
Oltre alle associazioni criminali che gestiscono il racket, nel mirino di Lega, Sky e Dazn così sono finiti gli operatori telefonici. Accusati di non fare abbastanza per contrastare il fenomeno, pur avendone tutte le possibilità. Un comportamento ambiguo che si spiegherebbe con l’interesse delle varie Telco a gestire traffico dati. «Un tempo – spiegano fonti della Lega – le Telco avevano bisogno di acquistare i diritti tv della A, adesso grazie al Pezzotto possono saltare questo costoso passaggio». Anche così si spiega l’assenza delle Telco all’ultima asta. La controprova di questa teoria starebbe nella lentezza con cui gli operatori eseguono gli ordini di “spegnere” i canali pirati emessi dal tribunale su richiesta di Sky e Dazn o della Lega. Trattandosi di eventi live, lo spegnimento dovrebbe essere “immediato” per avere efficaia. Gli operatori invece ci impiegano molto di più di 90’. E così sono stati portati davanti al tribunale di Milano che, in tre diverse sentenze – l’ultima è del 28 marzo – ha imposto loro di spegnere il segnale incriminato “immediatamente”, e comunque non oltre le 48 ore, termine oltre il quale scatta una penale.

La risposta degli operatori
La decisione del giudice si è scontrata con la riottosità degli operatori, che ancora il 3 aprile, sempre davanti al giudice, hanno ribadito l’impossibilità di agire “immediatamente”. Tra i vari motivi addotti, anche il fatto che disputandosi molti dei match nel week-end, il costo per la disattivazione dei segnali illegali sarebbe altissimo. Secondo Vodafone per “l’immediata disabilitazione in qualunque momento venga richiesta” servono «almeno tre persone, una per ricevere e verificare le richieste, una per disabilitare gli indirizzi IP e una per disabilitare i DSN» per un “totale annuo di 1.230.000 euro”. Per lo stesso motivo anche Tiscali si è detta contraria: «Facciamo lo stesso con i siti pedopornografici. Se il tribunale ci chiede di disattivarli ma è sabato non possiamo procedere prima di lunedì».

L’apertura di Telecom
Decisamente più collaborativa Telecom. Pur schierata anch’essa con le altre Telco, è l’azienda che sin qui ha prodotto lo sforzo maggiore, riuscendo – anche se in un solo caso – a ridurre i tempi fino a 50 minuti dall’arrivo della richiesta. L’ad Luigi Gubitosi ha più volte incontrato il presidente della Lega Gaetano Micciché dicendosi disponibile “a studiare insieme una soluzione”. Soluzione che però andrà trovata in fretta anche perché Sky, Dazn e i presidenti della Serie A stanno perdendo la pazienza e hanno già dichiarato l’intenzione «di chiedere alle Telco un risarcimento per i danni provocati dall’inadempienza strumentale alle disposizioni del tribunale».