la Repubblica, 10 aprile 2019
Di Battista sta per partire per l’India
«Adesso ripartiamo e sarà l’ultimo grande viaggio di questo tipo. Poi so già che dovrò fermarmi, e alla fine deciderò cosa fare. Non ho programmato nulla». Alessandro Di Battista non è in disarmo, non molla, non abbandona la politica, che – dice – «è una superpassione per me». Se qualcuno, tra i fedelissimi di Luigi Di Maio, pensa che quello dell’ex deputato sia un addio per sempre, ha fatto male i conti. Il volto più popolare del Movimento 5 stelle sta per partire per l’India con la compagna e il figlio di un anno e mezzo. Ha pianificato le vaccinazioni necessarie, sta studiando il tragitto, perché la sfida – stavolta – sarà arrivare a destinazione senza prendere l’aereo. «Treno, autobus, forse nave, guardando un po’ questo nuovo mondo». Chi lo conosce e ha parlato con lui, sa che dietro il video con cui ha annunciato che non avrebbe corso alle elezioni europee, né fatto la campagna elettorale per gli altri, c’è una grande delusione. Manifestata da un’assenza: per la prima volta, nel filmato pubblicato su Facebook il 30 marzo, Di Battista non ha citato Luigi Di Maio. Non ha giurato che il Movimento è in buone mani, che il suo sostegno resta incondizionato. I motivi del disagio, li confida solo alle persone più vicine: sostiene di essere stato tirato in mezzo nel tentativo di stringere un’alleanza con i gilet gialli, poi rinnegata, solo perché era a Parigi con la famiglia della compagna («Non era una mia idea»). È stato querelato dagli imprenditori sì Tav senza che niente e nessuno, nel Movimento, sia intervenuto a difenderlo. Gli è stata imputata la responsabilità della sconfitta in Abruzzo solo perché era coincisa col suo ritorno sulla scena.
Sotto l’ultima foto postata su Instagram, a due mesi dalla precedente, l’immagine del figlio Andrea alle prese con una grande pizza rossa, Di Battista scrive: «Stiamo benissimo». Ma se il libro che scriverà si chiamerà “Politicamente scorretto” è anche per sfidare il Movimento 5 stelle “di governo”. E avvertirlo: vado via, ma poi mi fermo.
Perso il frontman per eccellenza, incassata per ora solo la disponibilità del senatore Gianluigi Paragone a sostituirlo nelle piazze, per Luigi Di Maio non sarà facile organizzare la campagna elettorale per le europee. Il messaggio studiato non è forte come il no all’euro di cinque anni fa. «Dobbiamo far capire che se questo governo cade tornano quelli di prima: i Renzi, i Berlusconi. E saltano tutte le cose buone che stiamo facendo».
Questo lo spin studiato dalla comunicazione. Poi c’è la “questione femminile”, riscoperta dal Movimento sul caso del Congresso delle famiglie di Verona. L’idea di schierare come capolista 5 professioniste scelte dal capo politico è un’operazione che sta creando molti malumori. I prescelti saranno riuniti sabato, a Roma, nell’ennesimo evento kermesse con Di Maio “presentatore” (come quando, in vista delle politiche, furono annunciati i candidati esterni scelti per i collegi e la squadra di governo). Il dress code richiesto è classico: giacca e cravatta per gli uomini, tailleur per le donne. Sulle capolista, però, si sa ancora poco.
Perfino gli eurodeputati uscenti erano convinti ci fossero tra loro Luisella Costamagna e Licia Colò. Che ieri hanno smentito seccamente. Per le isole si parla ora dell’ingegnere aerospaziale Chiara Cocchiara o dell’agronoma Tiziana Mori. L’unica conferma, però, è quella di Paola Pisano nella circoscrizione Nord Ovest: l’assessora all’Innovazione del comune di Torino lavora a stretto contatto con Chiara Appendino. E la sindaca è sembrata non gradire. Il suo braccio destro, il presidente del consiglio comunale Fabio Versaci, ha invitato la professoressa a scegliere: «O assessora o candidata». E ha chiesto: «Resti con noi», così come hanno fatto tutti i consiglieri M5S della città, preoccupati dalla possibilità di un cattivo risultato (Pisano è responsabile dell’anagrafe e a Torino, come a Roma, servono sei mesi per avere una carta d’identità elettronica).
Lei ha promesso che deciderà in 24 ore. Dagli europarlamentari uscenti, per niente felici dell’arrivo delle esterne, filtrano frecciate: «Luigi non ha imparato niente dal caso De Falco?». Il comandante, fiore all’occhiello dei candidati alle politiche, è stato espulso dopo nove mesi.