Corriere della Sera, 10 aprile 2019
Sguardi di appena otto secondi
Un museo«è come un menu». Non offre un percorso obbligato, ma a scelta. Dato che guardare tutto ciò che contiene con attenzione è, in genere, impossibile, perché non dedicarsi a una manciata di opere – o a una soltanto – e studiarla in modo approfondito? Dopo slow food, slow looking, un movimento che il gruppo Tate in Gran Bretagna ha fatto suo con una serie di eventi e adesso anche una guida online. Come regalarsi il piacere di assaporare un’opera senza l’angoscia delle sale ancora da visionare? Come concedersi un’esperienza che faccia bene a occhi e mente e non sia una gara contro il tempo?
L’iniziativa nasce dalla constatazione che presso i musei Tate il visitatore trascorre in media otto secondi di fronte a ogni opera. Non è un problema che si limita al Regno Unito. Studi analoghi negli Stati Uniti e in diversi Paesi europei rilevano tendenze simili. Ma come possono un quadro, un arazzo, una scultura, un disegno, un affresco sprigionare il proprio potere in un arco di tempo così breve? E ha un senso fermarsi davanti a un capolavoro soltanto per pochi secondi?
Ecco, dunque, il perché della guida ( a disposizione attraverso il link https://www.tate.org.uk/art/guide-slow-looking). In un mondo ideale, spiegano alla Tate, a ogni opera andrebbero dedicati almeno dieci minuti, ma in questo modo per esplorare una collezione di 78.000 pezzi servirebbero quattro anni con un’applicazione quotidiana di dodici ore. Impossibile.
La prima regola, dunque, è di essere selettivi. Fidatevi dei vostri istinti, è l’esortazione della guida. «Non sottovalutate le ragioni che vi conducono a un’opera piuttosto che a un’altra». Insomma, non esistono scelte giuste o sbagliate. L’arte è una questione di pelle.
Una volta identificata l’opera da studiare, il consiglio è di trovare un posto comodo dove sistemarsi e di mettere una sveglia (discreta) sul cellulare per segnalare la fine dei dieci minuti. «Sentitevi liberi di muovervi, di osservare l’opera da prospettive diverse»’. Punto quattro: siate pazienti. «Non preoccupatevi se inizialmente non vi viene in mente nulla. Cercate di focalizzare l’attenzione su un dettaglio, abbandonate ogni aspettativa, cercate di dimenticare ciò che sapete. Siate aperti a ogni idea».
Per chi ancora è in difficoltà, una traccia di partenza: «Provate a esaminare la struttura del soggetto, i colori, le forme, i simboli, la storia». L’indicazione successiva è di lasciarsi guidare dagli occhi. «La vostra mente automaticamente cercherà di collegare diversi elementi. È possibile che non siano i legami voluti dall’artista, ma non importa. Sono altrettanto validi. Notate ciò che è strano o quello che richiede attenzione immediata».
E ancora: guai a isolarsi. Le chiacchiere di una scolaresca in visita, le suole di gomma che stridono sul pavimento fanno parte dell’habitat dell’opera. Notarle «è uno dei benefici del slow looking». Infine, come vi sentite? «Quali sono gli effetti sulla mente e sul corpo? Parlatene, condividete le vostre impressioni».
Uscirete soddisfatti, assicura Tate, nella certezza che l’arte non vive soltanto in un museo.