Corriere della Sera, 9 aprile 2019
Vincenzo Mancini, è morto l’imprenditore che si riprese l’azienda e la salvò
Vincenzo Mancini (1954-2019), imprenditore, è nato nell’arcipelago de La Maddalena.
È stato un imprenditore da quasi mezzo miliardo di euro di ricavi nel settore dello sport, una cifra pari al 10 per cento dell’intero mercato nazionale dell’abbigliamento per il tempo libero. Vincenzo Mancini, 65 anni, mancato improvvisamente a Tivoli nel fine settimana, ha messo ai piedi di ragazzi e adulti scarpe con nomi come Nike, Adidas, Fila, Puma. Ma ha anche fatto sciare l’Italia a partire da quegli anni ‘80 che hanno appassionato il pubblico per le vittorie di Alberto Tomba. Lo ha fatto da protagonista nel mondo dello sport attraverso i suoi negozi a insegna Cisalfa: 140 in Italia e 2.500 addetti. Sono proprio i dipendenti – oltre cento dalla sede amministrativa di Osio Sopra (Bergamo) – che ieri hanno affollato la chiesa di San Francesco a Tivoli, così piena da non riuscire a ospitare tutti gli amici e i lavoratori (che lo hanno salutato ieri sulle pagine dei principali quotidiani italiani con un «Ciao Vincenzo!») arrivati con navette e pullman organizzati per dare l’addio all’imprenditore che dello sport aveva fatto la sua passione oltre che il suo mestiere. Mancini, presidente di Cisalfa Sport, ha lasciato la moglie Patrizia, i figli Simeone e Benedetta, i fratelli Maurizio, vice presidente del gruppo, Lorenzo, Elena, Maria Rita e Roberto. «Daremo un segno di continuità – dicono fonti dell’azienda – nel rispetto delle idee di Vincenzo. La società resta di famiglia anche se ci vorrà una nuova organizzazione che guarderà alle risorse interne. Vincenzo era un leader, era tutto in azienda. Il figlio Simeone, 36 anni, forse ci penserà».
Nato alla Maddalena (la madre era sarda), suo padre era direttore di una fabbrica, lui aveva un diploma di perito elettrotecnico, era appassionato di vela. Assieme a fratello Maurizio aveva comprato negli anni ‘70 il primo negozio a Tivoli (dopo aver fatto a lungo il ragazzo di bottega) assieme a suo padre Simeone, ancora capo famiglia, che aveva appena perso il lavoro. Da allora è diventato il protagonista dell’avventura nei negozi sportivi costruendo il maggior gruppo nazionale. Lo raccontano ambizioso, determinato, dotato di una buona dose di coraggio e nervi saldi anche nei negoziati più duri. Come nel 2013 quando si ricomprò l’azienda nel momento in cui la crisi dei consumi mordeva più forte. Nel 2006 aveva deciso di cederne la maggioranza a un fondo. «Voleva fare un passo indietro e lasciare il governo dell’azienda per farla crescere ancora. Come fanno tanti imprenditori», dice una persona che era al suo fianco in quegli anni. Cisalfa era finita in forte crisi, sfiorava il baratro del concordato. Mancini allora è tornato in sella preservando attività e posti di lavoro. Il suo sogno, racconta chi gli era vicino, era di portare la sua azienda in Borsa per lanciarla verso una nuova crescita. Era al lavoro per implementare un progetto chiave: l’ecommerce che gioca di sponda con i suoi negozi.
Il polso dei consumi lo conosceva bene, sin dagli esordi quando montava gli attacchi sugli sci nell’officina dietro il suo negozio. Aveva intuito che mancava un grande «store» per il tempo libero. Nel 1988 Mancini ha acquistato Cisalfa dalla Bastogi-Acqua Marcia. I negozi si erano moltiplicati: una decina nella capitale.
Poi il salto nel ‘94 con l’acquisto della Goggi di Bergamo dai Percassi, che hanno aperto le porte a nomi come Zara e Starbucks. Mancini ha poi comprato la Carnielli (biciclette) e Germani (tre negozi a Milano). Infine Cisalfa Sport ha acquistato anche i negozi con il marchio Longoni sport. In pratica è stato il consolidatore di un settore finito in affanno, sfidando anche catene internazionali come Decathlon.