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 2019  aprile 09 Martedì calendario

Polonia, inquinamento record a causa del carbone e di vecchi diesel importati

Riscaldarsi con il gas costa troppo e in Polonia in tante case si ricorre a vecchie stufe per portare un po’ di tepore sotto il tetto e nel focolare si brucia di tutto, dal carbone ai rifiuti. E così l’aria si fa sempre più inquinata, tanto che varie autorità municipali hanno schierato delle vere e proprie pattuglie delle stufe: raccolgono segnalazioni e bussano negli alloggi per verificare da cosa deriva il fumo nero che esce dai comignoli. Succede così anche a Rybnik, città mineraria del sud della Polonia, diventata famosa per essere uno dei luoghi più inquinati dell’Unione europea, come ricorda l’Agenzia France Presse. Anche in questi primi giorni di primavera le stufe sono accese e, nella migliore delle ipotesi, sono alimentate col carbone che viene estratto negli impianti che sorgono attorno al centro urbano.«Cosa vuole che usiamo per scaldarci qui? Il carbone è il combustibile più economico», questo lo sfogo più comune raccolto dall’Afp tra gli abitanti di Rybnik. «Sarebbe troppo costoso usare il gas naturale o collegarsi alla rete di riscaldamento della città».
Non è solo una questione di soldi, ma anche di abitudini: nelle vecchie stufe di bruciano pannelli di Mdf (fibre di legno usate per i mobili, con tanto di vernici e laccature), contenitori in Tetra Pack oppure bottiglie di plastica.
Entro il 2021, però, i polacchi dovranno cambiare le stufe più vecchie: dallo scorso anno il governo ha vietato la vendita dei modelli più inquinanti, ma il carbone di più bassa qualità continua a essere venduto... Ed è proprio questa la principale fonte di smog nelle aree rurali. Una contraddizione messa in luce da Oliwer Palarz, attivista dell’Ong Smog Alarm.
Nella politica energetica polacca il carbone resta una fonte centrale, sia quello estratto dai depositi nazionali sia quello importato. Nel 2018 il carbone ad uso termico acquistato all’estero da Varsavia è aumentato del 47%, raggiungendo quota 14,7 milioni di tonnellate; mentre nel gennaio scorso l’import è cresciuto del 27% rispetto all’anno precedente, con la vicina Russia principale fornitore, seguita, ma con quote marginali, da Australia, Stati Uniti d’America e Colombia. Questi numeri suggeriscono che almeno per il prossimo decennio il carbone continuerà ad essere la principale fonte di energia per la Polonia: il 70% delle famiglie polacche lo brucia nelle vecchie stufe e anche le centrali elettriche del Paese funzionano con questo combustibile.
L’Agenzia europea per l’ambiente ha stimato che in Polonia si possano imputare all’inquinamento atmosferico circa 50mila morti premature all’anno e su un Paese di 38 milioni di abitanti è una quota rilevante. A Rybnik tutti si ricordano di quando, nel gennaio del 2017, la concentrazione di polveri sottili salì fino a 548 microgrammi per metro cubo: undici volte sopra i limiti fissati dall’Unione europea. E se nelle campagne le stufe sono le principali accusate dell’inquinamento, lo smog nelle città è attribuito principalmente al traffico automobilistico. Ma grandi progressi non se ne vedono: lo scorso anno oltre un milione di auto usate sono state importate in Polonia e circa la metà erano vecchi modelli diesel, di quelli che nel resto d’Europa si tende a tenere lontani dalle città.