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 2019  aprile 09 Martedì calendario

Parigi e i selfie impossibili alla fontana di Swarovski

Nuova battaglia sugli Champs-Élysées. Stavolta niente gilet gialli contro forze di polizia, ma oppositori contro sostenitori della nuova opera d’arte voluta dal Comune di Parigi. L’ardita fontana con 3.060 Swarovski avrebbe dovuto rilanciare una zona colpita dal vandalismo, invece è finita per diventare lo zimbello degli investimenti. Una struttura in bronzo e cristallo, inaugurata il 21 marzo, che piace esteticamente a pochi (c’è chi le chiama «docce municipali» o «lavandini») costata 6 milioni e trecentomila euro.
Pur coperta da mecenati (Qatar compreso), la spesa è da capogiro per una fontana monumentale che nessuno immortala. Insomma, a che serve? Firmata dai designer francesi di fama internazionale Ronan e Erwan Bouroullec, è già stata disconosciuta da molti abitanti: «Non sappiamo se sono aste portabandiera, lampioni o fontane – tuona Christophe Pinguet, animatore del gruppo di riflessione sul Rond-point Champs-Elysées. «È grottesca, soprattutto se si pensa alle immagini della fontana di Trevi immortalata da Fellini nella Dolce Vita».
Ma il problema è anche un altro. Un’opera d’arte dev’essere social. Se Parigi ha una nuova fontana d’autore, perché non c’è la fila per fotografarla? I messi del municipio si rimbalzano la domanda correndo a ripari dialettici e pubblicità. In tre settimane, visite, selfie e interesse generale sono ai minimi. «Il tempo finirà per mettere a tacere i critici com’è avvenuto per la piramide del Louvre», dice convinta Anne-Sylvie Schneider, direttrice del fondo per Parigi (che essendo privato è stato esentato da concorso), «e poi Swarovski ha acconsentito a una significativa riduzione del costo del cristallo», si giustifica. Qualcuno fa notare che l’opera è come se non esistesse. Peggio: uno spreco. Sotto accusa la sindaca Anne Hidalgo, che ha optato per questo set di paletti alti 13 metri da cui pendono braccia di bronzo orizzontali a supporto degli Swarovski. Scelta che, soprattutto in tempi di saracinesche abbassate per la crisi economica e sociale in corso da novembre, lascia oltremodo perplessi e non attira turisti, che non ne colgono la contestualizzazione; lampante invece secondo i creatori. La sindaca difende le sei sculture cinetiche, rivendicando la valorizzazione di uno spazio pubblico danneggiato ben prima dell’arrivo dei gilet gialli: Francia ’98, campionati del mondo di calcio. Ma l’opera rotante, oltre a non sposare «il carattere storico della prospettiva disegnata da Le Nôtre, confonde», accusa l’esperto Pinguet. «I sei pezzi sono disposti su una rotatoria in cui le macchine girano», insiste l’artista Ronan Bouroullec, provando a chiarire l’idea. Ma c’è di più. «Non è instagrammabile». È infatti quasi impossibile da fotografare per la sua natura girevole, difficilmente inquadrabile nel complesso. «È un iceberg – spiega uno dei creatori a Le Parisien – sono fontane associate a momenti di gioia. Volevamo produrre un sottigliezza meravigliosa senza spettacolarizzazioni». Centro, visto che i più le ignorano. Il Comune è fiducioso: si trasformerà in monumento iconico al pari del Centre Pompidou, del Louvre o della Tour Eiffel.
Il futuro dirà se le fontane rotanti avranno più successo o rimarranno nella storia di Parigi come un’opportunità mancata. Per ora, si prega per qualche scatto in più su Instagram, dove l’hashtag #fontaineschampselysees vanta soltanto cinque post. Critici, per giunta.