Corriere della Sera, 9 aprile 2019
Paolo Basilico racconta la sua esperienza nella finanza
Un pomeriggio di più di dieci anni fa, Paolo Basilico fece ciò che qualunque uomo di finanza di solito evita accuratamente. Salì su un palco e parlò di sé. In qualche modo si mise personalmente in gioco di fronte a settecento clienti stipati in una sala dell’hotel Principe di Savoia di Milano, nel punto più basso della crisi finanziaria che in quelle settimane stava sconvolgendo il mondo. In quel momento era come se l’onda d’urto dell’esplosione di Lehman Brothers facesse ancora tremare i vetri e oscillare i lampadari dell’albergo di lusso su piazza della Repubblica.
«Poi la luce si spense» è il modo, tipicamente semplice, con cui Basilico racconta quell’infarto dei mercati internazionali negli ultimi mesi del 2008. Lo scrive lui stesso in un libro (Uomini e soldi. Il racconto di una vita svela i segreti per investire con successo, Rizzoli) atipico e riuscitissimo un po’ com’è la sua carriera per intero: diversa da quasi tutte le altre, di successo in maniera profondamente personale. Fondatore e amministratore delegato della boutique d’investimento Kairos, Basilico veniva allora dal primo decennio della sua creatura (che proprio in questi giorni sta lasciando). Il progetto Kairos era partito da zero nel 1999 con lui e solamente altri tre partner di talento – Roberto Condulmari, Guido Brera, Paolo Bosani – ma nel 2006 stava già gestendo risparmi per 7,5 miliardi semplicemente per il passaparola fra risparmiatori sull’approccio innovativo di quei quattro e della loro squadra. Poi, sul mondo occidentale e sull’Italia si riversò il peggiore terremoto dei mercati degli ultimi ottant’anni. Kairos come tutti fu investita dalle perdite e persino dalla difficoltà di trovare qualcuno dall’altra parte del filo, quando da Milano i suoi uomini chiamavano le banche di Londra o di New York.
Ne andava del futuro della creatura dei quattro partner, una boutique indipendente nella quale i gestori investivano il denaro proprio e dei propri clienti: più agile, ma anche dalle spalle meno coperte, proprio perché allora Kairos non aveva nessuna grande istituzione a coprirle le spalle. Per questo quella sera di oltre dieci anni fa 700 clienti si erano assembrati nella sala del Principe di Savoia: volevano capire se potevano continuare a fidarsi. Basilico salì sul palco «dopo una notte a occhi aperti», scrive, «sapendo che da quello che avrei detto stavolta poteva dipendere il destino di tutti noi». Non elaborò complessi calcoli, mostrò solo che aveva tutti i suoi soldi investiti con quelli dei suoi clienti. «Scesi dal palco», scrive, «esausto per la tensione. Per una persona riservata e attenta alla privacy come me, avevo fatto una cosa assurda. Però funzionò».
C’è molto dell’autore in questo passaggio del suo libro che è un po’ autobiografia e un po’ guida illuminata all’investimento nei mercati finanziari; o più precisamente è entrambe le cose in una, dalla Milano agli albori della finanza moderna negli anni Ottanta fino alle incertezze dell’Italia di oggi («Non ho ancora capito da che parte stiamo. Se vogliamo fare la partita che il capitalismo impone o se abbiamo in mente un modello alternativo»). Il tutto declinato in una prosa limpida e viva, senza la vanagloria che di solito infiltra le memorie degli uomini di successo. Forse perché in fondo un tratto essenziale di Basilico è quello che lui chiama «il valore della semplicità che – dice – per me è qualcosa di profondo. A parte le materie prettamente scientifiche, la complessità è un imbroglio». Quello di Basilico è il desiderio di concretezza di chi ha capito come anche la finanza non sia in primo luogo il risultato di astrusi algoritmi, ma di emozioni e comportamenti umani, con relative forze e debolezze. Per investire bene, nota Basilico, «non serve un quoziente intellettivo da scienziati ma una disciplina interiore». Altrimenti detto, «l’entusiasmo è spesso indispensabile in molti campi, ma in finanza quasi sempre conduce al disastro».
Una sua piccola regola artigianale è sempre stata sottoporre a esame grafologico chi si proponeva per essere assunto, come era stato fatto su di lui in gioventù (lo stratagemma, dice, lo salvò dal mettersi in azienda un criminale). Basilico non poté controllare la calligrafia di Bernie Madoff, il più grande truffatore della storia di Wall Street, ma uscì da un incontro con lui nel 2002 molto perplesso. Per la precisione Madoff («all’epoca una figura quasi mitologica») lo cacciò dall’ufficio dopo qualche domanda di troppo. L’uomo aveva «il demone di voler essere adorato e adulato». Basilico no, lui ha il demone di voler ragionare con il suo cervello e in collaborazione con altri. Nel raccontarlo in questo libro, lo trasmette anche un po’ a noi risparmiatori.