«C’è la ricerca quotidiana del bambino che sono stato. E che ancora esiste, da qualche parte, dentro di me» .
E cosa sogna questo bambino nascosto nell’adulto?
«Volevo e forse voglio ancora essere Actarus, di Goldrake, che salva il mondo dai cattivi e poi torna a lavorare nei campi».
Tradotto?
«Portare un’ondata di bellezza attraverso la musica e poi scomparire».
A chi deve dire grazie per la sua formazione?
«A Hegel probabilmente. Per lui il presente è migliore del passato, teoria che nel contesto attuale, tradizionalista e conformista, suona come un’assurdità. Vorrei che una mia nota, anche una sola, rappresentasse la gente, le persone di oggi».
A casa del “bambino” c’era già molta musica.
«Mia madre è stata una cantante lirica, mio padre un professore di clarinetto. Eppure, pensi un po’, non volevano che mi avvicinassi alla musica. Mi chiudevano il pianoforte a chiave. Il divieto, ovviamente, ha scatenato il desiderio».
C’è tanto sport nella sua giornata, anche quando è davanti alla tastiera.
«Suono e corro anche come un matto. Fino a un certo punto non avevo mai svolto un’attività fisica degna di questo nome. Poi è scattato qualcosa. Una necessità. Una disperazione. E ho iniziato a correre».
Quali sport le rimandano qualcosa di musicale?
«Nel tiro con l’arco sento Il silenzio di John Cage, il ritmo dei passaggi di una squadra di pallavolo mi fa pensare al contrappunto di Monteverdi, il salto in alto è un concerto in sé. Ma forse la verità è che tutto lo sport è ritmo, tempo, cioè musica».
Quattro anni fa ha scritto “O generosa”, l’inno della serie A. Non è stato accolto bene e ancora oggi viene spesso fischiato. Lo rifarebbe?
«La riscriverei senza cambiare una virgola. Ho voluto che il testo fosse in latino, scelta ardita, certo, ma il latino è la lingua del sacro, ha qualcosa di eterno. Forse un giorno i tifosi saranno orgogliosi di questo madrigale scritto da un disadattato nerd della musica».
Ma lo sport ha veramente bisogno di suoni?
«Guardi, quando mia madre mi permetteva di smettere di studiare per andare a giocare a pallone sotto casa io e miei amici non avevamo bisogno di niente. Forse la musica è dentro lo sport. E viceversa: quando preparo l’orchestra sinfonica per un concerto altro non è che gioco di squadra».
Spesso è stato snobbato, la chiamano pianista, lei si sente compositore. Come reagisce alle critiche?
«Che le devo dire. Come chiunque. Vado in sbattimento! Per fortuna la passione per la musica è più forte di qualunque giudizio estremo».
I “temi” della sua vita?
«Hey Jude, i Beatles non si toccano, il duetto d’amore del Tristano e Isotta e la Serenata per un satellite di Bruno Maderna».
Che progetti ha un 50enne?
«Un nuovo disco a Natale, concerti in Italia e all’estero. Ma anche una Masterclass di musica classica gratuita per i giovani con la quale selezionerò nuovi talenti da portare con me in giro per il mondo. Voglio restituire agli altri ciò che la musica mi ha portato in dono».