Egitto, Arabia saudita ed Emirati arabi uniti appoggiano politicamente, finanziariamente e militarmente la Libyan National Army del generale Khalifa Haftar. L’Egitto ha innanzitutto un’esigenza di sicurezza, non può veder crescere ai suoi confini uno Stato in cui abbiano spazio entità o milizie islamiste. Politicamente i 3 paesi sunniti non vogliono un successo dei Fratelli Musulmani, presenti a Tripoli e nell’Ovest del Paese: sono la vera alternativa al potere dei militari e delle case regnanti che gestiscono i 3 Paesi. Dall’altra parte c’è il Qatar messo all’angolo da Arabia Saudita ed Emirati. Per anni è stato accusato di appoggiare anche fazioni islamiste collegate al terrorismo. Adesso sostiene il governo di Fayez Serraj dall’avanzata di Haftar. Con il Qatar c’è la Turchia, avversaria "ideologica" dell’Egitto e sostenitrice del modello di Islam politico dei Fratelli musulmani. Ankara in particolare è legata alla città di Misurata, a tutte le sue milizie.
• E gli europei?
L’Italia è "naturalmente" schierata con l’entità politica che governa a Tripoli, quindi con il governo Serraj. Di recente il governo Conte ha fatto un’apertura decisa ad Haftar che però sin dal primo momento ha avuto un appoggio forte dalla Francia, soprattutto nelle operazioni antiterrorismo in Cirenaica. Parigi è accusata da Serraj di fare il doppio gioco, di aver dato "luce verde" ad Haftar per il suo attacco. Italia e Francia sono quindi avversari naturali in Libia, anche se devono valutare bene le conseguenze che avrebbe in tutto il Mediterraneo l’esplosione di una guerra civile più pesante in Libia. Londra di recente è tornata in campo, proponendo una risoluzione di condanna (respinta dalla Russia) di Haftar all’Onu.
• Con chi stanno Usa e Russia?
Gli Stati Uniti hanno ospitato per anni Haftar in funzione anti-Gheddafi: era un ex ufficiale del colonnello, gestito dalla Cia. Ma Washington ha seguito con sospetto il corteggiamento che la Russia ha fatto dell’ufficiale per allargare la sua presenza nel Mediterraneo.