Il Messaggero, 8 aprile 2019
Intervista a Giorgio Panariello
I capelli sono tutti bianchi, i sessant’anni non sono lontanissimi (il 30 settembre 2020), le rughe cominciano a vedersi: la voglia di fare di Giorgio Panariello, però, è sempre la stessa del ragazzino alle prime armi. Classe 1960, lo showman fiorentino domani manda nelle librerie Adesso tu (Mondadori), che non è un omaggio a Eros Ramazzotti ma un romanzo vero e proprio. Il quarto.
Bisogna chiamarla scrittore? Finora ha venduto 160 mila copie...
«Per carità, nessuna ambizione. Mi piace mettere insieme un po’ di pensieri e dar sfogo alla mia natura romantica».
Parla d’amore?
«Sì. Per i cani. Non avendo avuto figli, per me sono gli esseri viventi che più vi si avvicinano. Con Adesso tu ho immaginato – fingendo che fosse una figlia vera – il rapporto con una cagnolina, Stella. Con tanto di stupori, gioie e dolori. E distacchi. Di buono c’è che tutti i soldi da me incassati vanno alla Lega per la difesa del cane di cui sono presidente onorario».
Libro autobiografico?
«Certo. Adesso ho un piccolo chihuahua a Roma e un meticcio a Prato. Altri tre che ho avuto sono morti in questi anni. E il protagonista, Mario, è un attore teatrale di scarso successo».
A lei è andata bene, però.
«Sono stato fortunato. Questo tema comunque mi stuzzica molto. Io, per esempio, ho lavorato con tanti artisti bravissimi che non ce l’hanno fatta. Perché? Vorrei saperne di più».
Lei perché ce l’ha fatta? Il suo quid qual è?
«Fortuna l’ho già detto. Dedizione. Voglia di migliorare. E anche di realizzarmi. In tre fasi».
Che intende dire?
«Nella prima, da giovane, mi davo da fare soprattutto per svoltare con le donne. Trombare. E devo dire che non essendo proprio il più bello del mondo, grazie al successo sono diventato alto, magro, biondo e con gli occhi azzurri. Nella seconda, per farmi riconoscere per strada. Nella terza, per i soldi. Dopo aver raggiunto questi obiettivi, adesso è solo questione di soddisfazione. E quindi voglio cambiare. Osare. Sperimentare».
Cosa?
«Ho scritto un film fantasy, L’incredibile Max. Dopo il successo di Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti e La befana vien di notte con Paola Cortellesi mi sono convinto che anche da noi questo genere può crescere».
Che cosa racconta?
«La storia di una famiglia – padre in crisi economica e bambini un po’ trascurati – e di un vagabondo, Max, interpretato da me, un ex mago che sopravvive rubando con destrezza. Lui entrerà nella loro vita perché a un certo punto il cane dei piccoli sta morendo dal veterinario e a lui viene un infarto. E per caso lo portano proprio lì, dove il medico lo salva trapiantandogli il cuore dell’animale...».
E poi?
«Lui scopre di avere l’istinto e i sentimenti di un cane. E grazie a questo riporterà la gioia in famiglia. Ma non è un film americano».
Cioè?
«Zero effetti speciali, punto tutto sulla musica e le luci. E sulla recitazione. Gli attori sono bravissimi. Cominciamo a girare fra poco. Il regista è Gabriele Pignotta».
Uscirà a Natale?
«No. Quest’anno ci saranno Checco Zalone e Ficarra e Picone. Meglio dopo».
Insomma, prima dei 60 anni dice addio alle vecchie cose?
«Sono stanco di mettere pance finte, parrucche, costumi».
Fare il comico in tv oggi è difficile?
«Quasi impossibile. Il web brucia tutti. Chiunque sui social può fare una battuta fulminante, migliore della mia e di tanti altri. Guarda Spinoza...».
Dura da mandar giù?
«All’inizio mi lamentavo di tutto e tutti: sgobbo da una vita e questi con due cazzate hanno piu follower di me? Poi ho capito che tutto cambia e mi sono messo al passo con i tempi».
Per il successo ha sacrificato troppo?
«Ognuno è quello che è. Io non sono fatto per accasarmi, ma non escludo di diventare padre. Sto bene con i bambini e loro con me. Ce l’ha fatta Carlo Conti...».
La sua manager, Barbara Zaggia, è la moglie di Ferdinando Salzano, gran capo della Friends & Partners, la società che di fatto ha allestito i due Sanremo di Baglioni: negli ultimi tempi ha ripensato spesso al suo criticatissimo Festival 2006? Quel flop le brucia ancora?
«Un po’, sì. Ma non per gli ascolti. Quanto per le pallottole spuntate che ho avuto. Il Festival stava quasi per passare a Canale 5, c’era la guerra fra case discografiche, radio e tv... Chiesi una mano e dopo la prima serata scapparono tutti. Magari avessi avuto Salzano e Baglioni con me. Io come unico ospite ebbi John Travolta: se lo ricorda che roba?».
È la sua macchia professionale?
«No. Però con l’esperienza di oggi farei meno errori».
L’errore fatale?
«Per quanto riguarda la vita privata, niente di che. Professionalmente Ma il cielo è sempre più blu del 2004. Non ero pronto per sfidare Maria De Filippi».
La sua priorità oggi qual è?
«Dimostrare che anche in Italia un artista può fare tv, cinema, teatro etc. Come Robin Williams, o Jean Reno. Da noi se fai troppa tv non puoi fare cinema e viceversa. Ecco perché faccio il film fantasy, ho girato Pezzi unici per Rai1 con Sergio Castellitto, sogno una commedia musicale tipo Garinei e Giovannini...».
Per festeggiare i vent’anni di Torno sabato è vero che ha in mente un nuovo show?
«Ci stiamo lavorando. E in un piccolo teatro, tipo l’Ambra alla Garbatella di Roma, usato in questi giorni da De Gregori, mi piacerebbe fare uno spettacolo di stand up comedy alla Lenny Bruce».
Con lo stesso stile?
«Sì. Non voglio bestemmiare ma essere un po’ corrosivo. Ma senza dire vaffanculo, altrimenti finisco come Beppe Grillo».
Matteo Renzi come l’ha visto?
«Come sempre. Il delirio di onnipotenza ce l’ha sempre avuto e gliel’hanno fatta pagare. Ricordo quando veniva a vedere me, Conti e Pieraccioni: ha imparato da noi, è sempre stato un uomo di spettacolo... Come Silvio».
L’ha votato?
«Certo. Sono da sempre di centrosinistra».
Chi l’ha fatta ridere ultimamente?
«Edoardo Ferrario. Bravissimo».
A lei, invece, a questo punto le piacerebbe anche far piangere?
«Sì. E magari prendere anche qualche premio. Con il mio vecchietto triste quando in platea sentivo la gente che tirava su con il naso era una botta. Una bella botta. Mi creda, il meglio deve ancora venire».