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 2019  aprile 08 Lunedì calendario

A lezione di separazione

La sala è piccola e accogliente, con il soffitto a volta e i mattoni a vista. Per accedervi bisogna percorrere un corridoio stretto di un bel palazzo di Milano, zona Sant’Ambrogio, e scendere i gradini di una scala nel silenzio delle otto di sera di una giornata di pioggia. È buio intorno e andare giù è un po’ come calarsi negli abissi dell’anima: lasciare il mondo fuori e scavare nel pozzo nero che ognuno ha dentro di sé per cercare di soffrire di meno. Il corso parla di separazioni e divorzi. Di come affrontarli al meglio, di come uscirne senza essere devastati, dei tentativi per attraversare la tempesta, sfidare il mare aperto, e arrivare alla terraferma. Salvi. Si scende quella scala per cercare di trovare un aiuto in un momento difficile della vita. «Il mio ex è uno stronzo, non mi fa vedere mio figlio», esordisce una quarantenne che deve avere fatto molte battaglie. Indossa una maglietta nera con un cuore rosso di paillettes, anche i capelli sono ramati, ma è facile intuire che non è felice da un pezzo. «Mio figlio ha scelto di rimanere con suo padre perché lui guadagna io no», continua. «Non ho un reddito e anche il mio attuale compagno non lavora». Interviene una giovane dalle prime file. Piange. «Fabio ha 6 anni. Mio marito gli ha detto che per lavoro si trasferisce. È dura dirgli la verità». Storie vere di amori finiti malamente. Prima ci si rivolgeva ai figli dicendo: «Vai dal papà», oppure «parlane con la mamma», tra moine e sorrisi. Adesso la distanza tra i coniugi si nota anche dal linguaggio: «la mamma» e «il papà» sono sostituiti da «tuo padre», «tua madre». PRATICA COLLABORATIVA Quando ci si sposa si fanno grandi preparativi, si è incerti più che altro sull’antipasto da offrire agli invitati, sulla musica giusta per il banchetto o sulle decorazioni da mettere nei banchi della chiesa: può essere uno stress, però lo si vive con gioia e una certa dose di incosciente euforia. Ma quando ci si separa? Non ci sono né preparativi né lezioni. Ci si trova, spesso da soli, ad affrontare la burrasca. Ha pensato a questo l’avvocato Armando Cecatiello, esperto di diritto della famiglia da oltre 25 anni, formatore, autore di libri sulla materia come quello, scritto con Carlo Alfredo Clerici, dal titolo “I miei genitori si dividono. E io?” e il più recente: “Separarsi bene con la pratica collaborativa” (Red edizioni). Cecatiello ha ideato un ciclo di tre incontri, tutti gratis, per chi si vuole separare, «per chi ci sta pensando, per chi vuole conoscere cosa aspettarsi da una separazione». Perché se è indubbio che la famiglia è fondamentale e i congressi mondiali rimarcano la necessità di insistere sull’unione benedetta tra un uomo e una donna, è anche vero che a volte una sana rottura fa meno danni di una convivenza forzata e senza amore. Solo che bisogna sapere come si fa per lasciarsi serenamente. Servono “istruzioni per l’uso”, e non può essere solo l’avvocato a dare la soluzione. «Occorre un’azione interdisciplinare», spiega il legale, «una sinergia tra più soggetti per giungere a una risoluzione il più possibile pacifica». Cecatiello espone la “pratica collaborativa”, il metodo alternativo e stragiudiziale elaborato nel 1989 dall’avvocato americano Stuart Webb, con il quale si risolvono i conflitti e si evita un procedimento contenzioso in tribunale. Si fonda sul dialogo tra i coniugi, assistiti da specialisti tra cui un esperto di comunicazione (psicologo), o il commercialista per gli aspetti patrimoniali, su cui non c’è quasi mai accordo. Si lavora in team. Finisce quasi sempre bene. Senza guerra dei Roses. C’eravamo tanto amati, ora ciao, buona fortuna. Per questo l’altra sera, al primo incontro organizzato da Cecatiello, la relatrice era la dottoressa Katia Biundo, pedagogista, madre di 4 figli, abituata a trattare casi difficili con umanità, usando il linguaggio del “bambinese”, per mettersi dalla parte del minore. «Vengono da me tante coppie in crisi, io cerco di aiutarle perché il mio scopo è tutelare i bambini. Spiego che i figli capiscono tutto. Non bisogna mai dire loro bugie. E quando due decidono di separarsi devono insieme, non a turno, andare dal figlio a dire la verità. Insieme devono prendersi le responsabilità, anche se i rapporti sono diversi e c’è sempre un genitore più protettivo dell’altro. Il bimbo deve sapere di poter fidarsi, altrimenti soffrirà». VINCERE L’INSICUREZZA Alza la mano una signora. «Io a volte spio il cellulare di mia figlia», sussurra quasi con vergogna. «Lo so che non si fa, ma è l’unico modo per sapere cosa pensa del padre». Non si spia il telefonino dei figli, ammonisce la pedagogista. Cosa speravi di scoprire? «C’erano messaggi con il padre, lui voleva portarla in palestra, ma non si fa mai vedere, mia figlia è arrabbiata e anch’io lo sono. Volevo capire cosa gli aveva risposto». Spiare è una forma di insicurezza, incalza Biundo, «a volte è più semplice chiedere, confrontarsi». «Io non riesco a parlare con la mia ex», interrompe un signore dal fondo. «Appena la sento litigo», taglia corto, «non mi perdona di essermene andato e m’insulta a ripetizione». Ecco, un altro errore da evitare: denigrare l’ex di fronte ai figli. «Ma se mi trattava male! Devo stare zitta?», sbotta la rossa di prima. E nella sala con il soffitto a volta e i mattoni a vista il dibattito si accende, le ore scorrono rapide, e ci si accorge che un ciclo d’incontri non basta per un tema così delicato.