il Fatto Quotidiano, 8 aprile 2019
Antonio La Cava, il bibliotecarro errante
Antonio La Cava, maestro un pensione, è nato a Ferrandina (Matera).
“Maestro in pensione. Da 18 anni ha fatto della sua vita una missione in nome della cultura: portare libri ai bambini delle scuole elementari dei paesi più piccoli e isolati della Basilicata, dove spesso non ci sono biblioteche o librerie. Lo fa con un mezzo speciale…”. Leggo ad Antonio La Cava le motivazioni dell’Onorificenza a Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, conferitagli al Quirinale dal Presidente Sergio Mattarella. E mi regolo di conseguenza chiamandolo, giustamente, commendatore. Commendator Antonio La Cava… Ma lui mi stoppa subito: “Maestro, la prego, preferisco maestro elementare. Perché quella è la mia passione, una sorta di febbre che ha segnato e segna tutta la mia vita”.
Settantaquattro anni (portati benissimo), sposato, due figli, il “Maestro” poteva essere un tranquillo pensionato in quella parte del Sud che si chiama Basilicata. La mattina un giro in piazza a Ferrandina, il suo paese, un caffè con gli amici, due chiacchiere sul tempo, la politica, i giovani e i mali dell’universo mondo, il pranzo, qualche oretta di sonno, soprattutto d’estate, quando la controra infiamma le case, tv e cena. Fine. Invece … “Dopo 42 anni di insegnamento, nove anni fa vado in pensione, ma decido di non fermarmi. Mi guardo in giro e mi sale l’angoscia. Vedo crescere sempre più l’indifferenza verso i libri e la lettura. Un male che colpisce soprattutto i più giovani. Non ci sto, passo giorni a ripetermi che si deve fare qualcosa. Chiedo un parere ai ragazzi. La risposta mi lascia a bocca aperta. Maestro se qualcosa si deve fare devi essere tu a farla”. E fu così (correva l’anno 1998) che Antonio La Cava, maestro elementare in pensione, decise di mettere mano al portafogli. Aveva adocchiato una sgangherata “Ape 50” che il comune di Altamura usava per la raccolta della monnezza, costo 800mila lire. “Un catorcio, ma Vincenzo, un bravissimo artigiano del mio paese, la rimise in sesto e la trasformò come desideravo: una biblioteca ambulante carica di libri. Volevo realizzare una piccola utopia, portare i libri paese per paese, chiamare a raccolta la gente, soprattutto i bambini e invogliarli alla lettura. La vecchia “Ape” – prosegue – era l’ideale, perché quello è un mezzo gioioso, porta la frutta nei paesi, con i suoi colori e l’allegria dei venditori. Dalle nostre parti il libro c’era solo nelle case dei ricchi, delle élite, i poveri non leggevano. La mia sgangherata biblioteca ambulante, invece, li portava casa per casa, fanciullo per fanciullo”.
Da allora il maestro ha percorso 200mila chilometri (50mila negli ultimi tre anni), e cambiato vari mezzi prima di arrivare al “Bibliomotocarro”, un motocarro che ha il tetto con le tegole proprio come le casette dei paesi lucani, sei scaffali pieni di libri per ragazzi, uno dedicato agli adulti che amano leggere, e uno per le persone che hanno abbandonato la scuola, ma basta armeggiare un po’ e dal motocarro spunta uno schermo. E tanti progetti (“Fino ai margini, oltre il confine”, “Amico libro”). “Ho sempre sognato di fare il maestro di strada. Le pareti di una scuola, mi dicevo, sono troppo anguste, e allora se dovevo parlare dei fiumi italiani, portavo i miei ragazzi in riva al fiume. Un modo di fare che mi ha creato non pochi problemi. Ma funzionava, e ora ho un sogno: portare il “Bibliomotocarro” nelle periferie di qualche grande città del Sud, Napoli, Palermo, e prima o poi ce la farò”. Sogni, progetti, idee, la testa del maestro non conosce soste. “Con i miei collaboratori abbiamo inventato il libro bianco. Un’idea semplice. Si sceglie un tema e si consegnano dei fogli bianchi. Inizia a scrivere il bambino di un paese, continua quello del villaggio accanto e così via, fino al completamento di un racconto corale scritto rigorosamente a mano. Un successo, perché i bambini hanno un’enorme voglia di raccontare e raccontarsi. È il nostro laboratorio di scrittura gratuito e itinerante”.
Quando la biblioteca su ruote del maestro arriva nei paesi della Basilicata viene annunciata da una banda musicale, “perché il libro è allegria”. Un elogio all’antico? “Certo, ma io non sono un antimodernista. Uso il computer, la tv, e le telecamere. Portiamo in giro uno schermo per proiettare i film che realizzano i ragazzi. Scegliamo un libro, scriviamo una sceneggiatura e ne tiriamo fuori un cortometraggio”. Il maestro La Cava ha però una grande amarezza, lo spopolamento della Basilicata. “Vado in giro e vedo paesi che si svuotano, giovani che vanno via. Mi viene in mente Lucania, una bella poesia del nostro Rocco Scotellaro”. Il maestro recita a memoria gli ultimi versi: “… Il vento mi fascia di sottilissimi nastri d’argento e là, nell’ombra delle nubi sperduto, giace in frantumi un paesetto lucano”. “Ecco – aggiunge – vorrei che i libri servissero anche a questo: a resistere per restare”.