la Repubblica, 8 aprile 2019
I pericoli del farmaco contro l’epatite
michele bocci Qualcuno all’inizio del decennio parlava anche di 3 milioni di malati, cioè circa il 5% degli italiani. Successivamente le stime sono un scese a un milione e mezzo, poi a un milione, e in certi casi anche alla metà. In ogni caso i numeri delle persone infettate dall’epatite C, malattia virale in grado di restare silente per moltissimo tempo, avrebbero dovuto essere altissimi. Per questo, quando alla fine del 2014 sono arrivati in Italia i nuovi e costosissimi super farmaci in grado per primi di sconfiggere la malattia, si è deciso di organizzare un piano di cura speciale. Prima venivano i casi gravi, poi quelli meno seri. Proprio adesso che si stanno trattando questi malati, ci si accorge che è sempre più difficile trovarli e che probabilmente le stime di un tempo erano sballate. Il primo aprile scorso erano 176mila le persone curate nei 250 centri italiani autorizzati a usare i nuovi medicinali. Dove un tempo c’erano code e lunghe liste di attesa, con tanto di malati che andavano in India a comprarsi il farmaco, ora si fa fatica a trovare qualcuno da trattare. «In questo periodo andiamo a cercare i pazienti nei Sert e nelle carceri, dove ci sono ancora tanti che devono fare la terapia», dice Maurizia Brunetto, epatologa del di Pisa. Il calo è evidente se si osservano i dati dell’agenzia del farmaco, Aifa. Dal primo gennaio 2019 si sono avviati il 38% dei trattamenti in meno rispetto allo stesso periodo all’anno scorso. Adesso appaiono errate anche le stime di appena un paio di anni fa. Si contava infatti, a partire dall’aprile del 2017 e cioè una volta trattati i casi più gravi, di fare 80mila terapie all’anno per tre anni, cioè 240mila entro aprile 2020. Ebbene, sono passati due anni e si è arrivati poco sopra i 100mila pazienti. È impossibile che venga raggiunto l’obiettivo, a maggior ragione se si considerano le difficoltà che ci sono già ora a trovare i pazienti. Evidentemente i dati di partenza erano sbagliati. I numeri alti utilizzati quattro o cinque anni fa, quando si parlò anche di oltre un milione di malati e fino al triplo di infetti, potrebbero essere stati condizionati proprio dall’arrivo dei nuovi farmaci. Quando ha in mano prodotti da lanciare, l’industria investe in marketing, congressi e studi scientifici per diffondere l’innovatività del medicinale e sottolineare la diffusione della malattia trattata. E in questo caso c’era in ballo un prodotto davvero rivoluzionario. Con Aifa i patti sono stati di far pagare tanto all’inizio i medicinali ( anche 35mila euro a paziente) e scontarli con l’aumento dei trattamenti. Ma se i malati alla fine sono meno di quelli previsti, saranno meno anche le dosi vendute a prezzo ridotto. Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto nazionale per le malattie infettive Spallanzani di Roma, spiega: «Sulla stima degli infetti coloro che avevano il compito di applicare le metodologie dell’epidemiologia per la sanità pubblica, si sono basati sui dati dei pazienti che afferivano a centri clinici, che proprio per questo erano già selezionati e molto più alti di quelli realmente presenti nella popolazione». Il fenomeno non è solo italiano. «L’Oms, la cui credibilità scientifica era già limitata – prosegue Ippolito – due anni fa ha dimezzato il numero di persone con epatite nel mondo. Molto spesso quando si fanno le stime entrano in gioco fattori diversi da quelli solo scientifici».