La Lettura, 7 aprile 2019
Nerone era davvero un mostro?
«Il Cesare che era atteso dai suoi antenati, dio manifesto, si è unito a loro, e l’Imperatore che il mondo aspettava e sperava è stato proclamato, il Buon Genio del mondo e fonte di ogni bene, Nerone Cesare, è stato proclamato». Così recita un testo ufficiale del novembre 54 d.C., che liquida il defunto Claudio e acclama l’avvento del diciassettenne Nerone come un evento di portata cosmica. Nello stesso periodo il filosofo Seneca scriveva l’ Apocolocyntosis (trasformazione in zucca), parodia dell’apoteosi (trasformazione in dio) dell’imperatore uscente.
L’ascesa di Lucio Domizio Enobarbo noto come Nerone, cognome sabino dal significato di «forte», era stata preparata dalla madre Agrippina, pronipote di Augusto, sorella di Caligola e moglie nonché avvelenatrice di Claudio. All’astrologo che le aveva predetto che il bambino, raggiunto il massimo potere, l’avrebbe uccisa, pare che avesse risposto: «Uccida, purché regni!». Affidato a Seneca e a precettori alessandrini, il ragazzo dimostrò uno spiccato amore per le arti, la musica e gli sport, a patto però di essere sempre il vincitore. Dopo un «quinquennio felice» improntato alla moderazione, la tradizione storiografica colloca un’involuzione autocratica, che causò la morte della moglie Ottavia, del fratello adottivo Britannico, degli stessi Agrippina e Seneca, di tanti aristocratici sospettati di congiure. Quando anche la seconda moglie Poppea morì incinta, si disse che era stato Nerone a ucciderla con un calcio nella pancia, ma è appurato che si tratta di un luogo comune sui tiranni. Contrasse matrimonio anche con uomini: l’eunuco Sporo, vestito e adornato come un’imperatrice, che gli stette accanto fino alla fine.
In una notte di luglio del 64 d.C. scoppiò un incendio che durò nove giorni devastando interi quartieri e mietendo migliaia di vittime. Si diffuse la voce che alla vista delle fiamme l’imperatore avesse cantato la presa di Troia, e che avesse voluto l’incendio per rifondare Roma come Neropoli. Per placare il popolo, Nerone incolpò i cristiani e scatenò la prima grande persecuzione contro di loro; gli ebrei furono difesi da Poppea. Nella ricostruzione di Roma, l’imperatore fece edificare un suo ritratto colossale in bronzo e l’immensa Domus Aurea, dotata di stanze rotanti, parchi sterminati e un lago per le battaglie navali. Ma da allora la reputazione di Nerone non si risollevò più. Alla sua morte nel giugno 68, la Domus Aurea restò incompiuta, e fu poi ricoperta da nuove opere pubbliche.
Una corretta conoscenza del principato neroniano è ostacolata anzitutto dalla damnatio memoriae, che decretò l’obliterazione del suo nome da tutti i monumenti e la traslazione della salma in un luogo segreto. Neanche la storiografia aiuta: come già sottolineava l’ebreo Flavio Giuseppe, gli storici lo odiavano e gettarono su di lui luce negativa con molte menzogne. Il mistero che aleggiava intorno al suo decesso contribuì a creare il mito del «Nerone redivivo», che da Oriente avrebbe conquistato Roma alla testa di orde di Parti, e tre falsi Neroni comparvero in seguito. Il suo ritorno è adombrato anche nell’Apocalisse come l’Anticristo o la Bestia, il cui numero-simbolo, 666 o 616, non è altro che la traduzione numerica (secondo un gioco di moda all’epoca) delle lettere del nome Nero Caesar.