la Repubblica, 7 aprile 2019
Sudan, le manifestazioni contro Bashir
Un milione di manifestanti davanti al quartier generale delle forze armate. Non era mai successo I cortei contro il dittatore ci sono dal 19 dicembre Non era mai avvenuto prima. Un milione di manifestanti sono arrivati sotto il quartier generale delle Forze armate del Sudan, nel cuore della capitale Khartum, scandendo a gran voce lo slogan” Un popolo, un esercito”. Quella che si è animata in occasione dell’anniversario del 6 aprile del 1985, quando fu spodestato il dittatore Gaafar Nimeiri, è stata la più grande manifestazione nel Paese dall’inizio delle proteste il 19 dicembre. Il corteo di manifestanti è riuscito a superare i blocchi della polizia che con gas lacrimogeni e cariche aveva sempre impedito che raggiungessero i palazzi del potere. Anche stavolta non sono mancati feriti e arresti. Almeno 60 le vittime ad oggi. Quella di ieri potrebbe essere una giornata storica. «Bashir non ha paura di Dio né della giustizia, ma è terrorizzato dall’Esercito», afferma Yasir Arman, segretario per gli Affari esteri della coalizione” Sudan call”. «I militari sanno che è un fantasma del passato e sono sempre più vicini al popolo. Prima o poi si rivolteranno contro questo regime. Più gente scenderà in piazza, prima questo momento arriverà». La scintilla che ha provocato le proteste è stato il rincaro record di generi alimentari primari come il pane. La gente ha organizzato dimostrazioni pacifiche contro un regime dittatoriale che porta avanti politiche repressive da oltre 30 anni. Bashir governa nonostante sulla sua testa penda un mandato di cattura internazionale per crimini di guerra, contro l’umanità e genocidio perpetrati in Darfur. Nulla fa pensare che dopo aver ordinato di sparare sul suo popolo sia disposto a lasciare il potere. La garanzia di un’amnistia proposta dalla coalizione composta da Sudan call, National Concensus Forces e Coalition of professional associations, che ha inglobato altri 22 partiti, seppur caldeggiata da alcuni partner regionali del Sudan, sembra destinata a restare lettera morta. L’ultima parola spetta all’Esercito.