Corriere della Sera, 7 aprile 2019
Ritratto di Vienna
Ci sono luoghi che più di altri segnano passaggi, salti. Memorie che si accavallano e si possono confondere. La dolcezza e l’ironia della musica di Mozart e la profondità del pensiero di Ludwig Wittgenstein. Vienna sta lì, conficcata nel mezzo dell’Europa, si potrebbe dire nel cuore. La terra più orientale per i longobardi, la linea dell’Est.
I fasti di un impero antico che ancora porta con sé le ferite della sconfitta di Sadowa, 1870. L’austerità della Cattedrale di Santo Stefano, custode delle spoglie della famiglia imperiale e per questo una specie di libro di storia da consultare con gli occhi e con la memoria dei propri ricordi di scuola e della curiosità che la storia racchiude. Di quello che oggi è diventata l’Europa, serbatoio di pensiero illuminista e di nuovi rancori.
Eccola Vienna, conficcata nel cuore d’Europa, città che nel 1683 fu baluardo all’invasione dei turchi al comando del principe Eugenio di Savoia, il condottiero che la difese dall’assedio e al quale si deve il Palazzo Belvedere. Lo stesso che riuscì a sconfiggere le truppe del re Sole. E difendere Torino. È strana la storia, perché Vienna capitale dell’impero fa venire in mente il Risorgimento, con Pietro Maroncelli e Camillo Benso conte di Cavour, con Silvio Pellico e Carlo Alberto. La fortezza dello Spielberg, a Brno. Le trame dei carbonari per l’unità d’Italia. Dai giorni dell’assedio turco, un secolo e mezzo dopo, la stessa casa Savoia che diventa la principale avversaria di quel Lombardo Veneto austroungarico segnato dal confine d’acqua del fiume Ticino. Scherzi della storia.
Sembra di vederla Maria Teresa d’Austria, nel suo castello, con i suoi sedici figli che scorrazzavano nei corridoi. O è bello immaginarla mentre prende decisioni per la città di Milano, dove introdusse il catasto. Lei che governa per quarant’anni dal 1740, la prima imperatrice. E poi quel Francesco Giuseppe che diventa imperatore quando è appena un ragazzo di 18 anni. Quel castello di Schönbrunn, dove l’imperatrice Elisabetta, che tutti hanno amato come Sissi, ha vissuto l’inizio della sua vita matrimoniale. Raccontano che Vienna fosse città gioiosa mentre si stabiliva al Congresso, nel 1815 la Restaurazione che cancellava il sogno e il dominio di Napoleone sull’Europa, che a Vienna si era insediato nel 1809. E, per ironia della storia, il Palazzo di quel principe di Metternich che definì l’Italia un’espressione geografica, ora è diventato (dal 1911) sede dell’Ambasciata d’Italia, fa pensare alle tante ironie della storia. L’ascesa e il declino delle potenze, come sul mare era accaduto tra Amsterdam e Londra, qui è accaduto tra Vienna e la Prussia di Berlino. Eppure il fascino degli Asburgo resta invariato.
I viaggiatori la immaginano città borghese, forse un po’ legata al suo passato, con le sue architetture neoclassiche e il suo stile Biedermeier. Ma la Torre di Babele, di Peter Bruegel il vecchio, custodita al Kunsthistorisches, è la sintesi più efficace di questi tempi ad alta connessione. Oppure le architetture di Hundertwasser. E anche questa città, apparentemente lieve, è una citta densa. Del pensiero che l’ha attraversata. Che ha saputo accogliere e che, per effetto della tragedia dell’Anschluss ha sparpagliato per il mondo. Karl Popper che va a insegnare in Nuova Zelanda, fino al 1945. L’economista Friedrich Von Hayek, uno dei padri del neoliberalismo, Nobel nel 1974, a Chicago. Che inviterà Popper alla London School of Economics. «Non vi può essere alcuna legge, nel senso di regola universale di condotta, che non determini confini di aree d’azione, stabilendo regole che permettono a ciascuno di accertare fino a dove egli è libero di agire», scrive. Un inno misurato alla libertà. Un altro padre dell’economia contemporanea con la sua distruzione creatrice, Joseph Schumpeter, ministro delle Finanze della Repubblica austriaca nel 1919. Le parole affilate di Karl Kraus, il viaggio nei meandri dell’uomo di Sigmund Freud. Le sedie Thonet e la Cripta dei cappuccini, la Sacher della pasticceria Demel. Le collezioni del Belvedere superiore con i capolavori di Schiele, Kokoschka e Klimt. Questa città imperiale che è anche la sintesi di tutti i travagli del Novecento. I pensieri e la logica di Wittgenstein, ufficiale d’artiglieria che combatte sul fronte di Asiago e che viene imprigionato a Cassino e incarcerato a Trento. Per poi morire a Cambridge. La maestosità di una capitale antica, i fasti della storia che lascia le sue tracce non solo nell’architettura, nei luoghi. Ma dentro le atmosfere. L’eco dell’impero austroungarico è molto di più. La ferita dell’Anschluss del 1938, e questa diaspora del pensiero che ha segnato l’epoca moderna. Una bellezza tutta mitteleuropea. E, nel profondo, moderna.