La Stampa, 6 aprile 2019
Luigi Ugone, l’uomo che guida la guerra a Tria
Il messaggio del ministro Luigi Di Maio è arrivato poco dopo le 21, giovedì sera: «Lunedì verrete convocati dal presidente del consiglio. Poi ci faremo una chiacchierata». Con il ministro Matteo Salvini, invece, si erano parlati prima: «Ci siamo visti a Treviso, ero stato io a chiedergli un incontro. Lui era molto teso. Mi fa: «Vi capisco. Sono stanco come voi di questa situazione. Sono in giro per diecimila cose, ma questa sta veramente andando oltre i limiti della pazienza. Incontrerò Tria, i decreti devono essere fatti. I rimborsi devono partire».
Tutti lo cercano. Tutti lo incontrano. E tutti, forse, lo temono anche un po’. «Tutti tranne il ministro Tria» dice Luigi Ugone, presidente dell’associazione «Noi che credevamo nella banca popolare di Vicenza». Delle dieci associazioni che rappresentano i piccoli investitori truffati, è quella che conta il maggior numero di iscritti: 2200. «Ho cercato in ogni modo di avere un incontro con il ministro Tria, ma lui non mi ha mai risposto. Eppure anche io pago il suo stipendio. Vogliamo sapere dove gli è stato detto di riscrivere la legge. Quando? Da chi? Chi è l’ispiratore in Europa? Può mostrarci un documento e qualcosa di scritto, oppure gli è stato suggerito nei cessi di Bruxelles?». I toni sono questi.
Quanto a Bruxelles va detto, ad onor del vero, che la commissaria europea per la concorrenza Margrethe Vestager, rispondendo alle richieste proprio di Luigi Ugone, ha deciso di accordandogli un incontro di 30 minuti alle 11 di mercoledì 24 aprile. «Andrò da lei a chiedere se davvero è stato imposto al governo italiano di riscrivere la legge».
Giovedì il decreto per risarcire i risparmiatori truffati dalle banche è stato rinviato per l’ennesima volta. Non è stata una giornata facile. Quello che chiede il ministro dell’Economia Tria è un controllo maggiore. Non soldi a pioggia. Ma risarcimenti stabiliti, caso per caso, attraverso un arbitrato. Rimborsando comunque subito tutti i risparmiatori più poveri. «Ammesso che questa norma sia vera, per noi è inaccettabile», dice Luigi Ugone. «È qualcosa di antigiuridico. Allunga i tempi e non sta in piedi. Considera vittime quelli con un reddito inferiore ai 35 mila euro e tutti gli altri dei probabili speculatori. È assurdo. Noi, assieme ai tecnici del Mef, avevamo scritto una legge equilibrata. Non si capisce perché adesso il ministro Tria voglia stravolgerla. All’improvviso vuole fare il one man show».
C’è, qui a Vicenza, nel nordest industriale e contadino, un altro pezzo d’Italia dove il sentimento prevalente è la delusione. Anche nei confronti delle promesse non mantenute da questo governo. Ecco perché da ogni parte stanno cercando di rassicurare Luigi Ugone. «Ma gli associati mi dicono di andare avanti. Ed è quello che farò. Non abbandono nessuno, non seppellirò nessuno. Resto al mio posto. Fino a quando avremo giustizia». Lo precisa perché hanno cercato di candidarlo sia con il Movimento 5 Stelle sia nel centrodestra. Ma finora ha sempre rifiutato.
Impiegato, 39 anni. Già alla ribalta quando per primo scatenò la guerra contro gli autovelox che mietevano multe sulla strada che lui stesso percorreva ogni giorno per andare al lavoro, e già visto con il movimento dei forconi in una protesta contro il governo Letta: «Volevamo bloccare l’autostrada come adesso fanno i gilet gialli». Occhi azzurri, modi dritti. Tutti lo chiamano, e lui risponde. Dice frasi perentorie. «Io non credo ai partiti». «Non lo faccio per i soldi, ma per principio». «Possono prenderti per il c… una volta, non due».
È lui – anche lui – che lunedì incontrerà il premier Conte, come gli è stato annunciato con un messaggio su WhatsApp dal ministro Di Maio. Lui che adesso racconta: «Quanto ci ho perso, non lo dirò mai. In questo momento le cifre sovrastano le persone. Ma sono nato da una famiglia povera, mio padre è arrivato da giù. I miei nonni si sono occupati di me e si sono spaccati la schiena. Quel poco di guadagnato, con enorme fatica, in cambio di qualche agevolazione sul conto corrente, lo avevamo messo nelle azioni della Banca Popolare di Vicenza. Era un’istituzione. Dicevano: “Nessun rischio”. E adesso, dopo aver perso tutto e dopo quattro anni di battaglie, vorrebbero ricominciare da capo?».
Il telefono di Luigi Ugone squilla ancora. Lo vogliono per una diretta televisiva. Lui accetta volentieri, e già ricomincia: «Se deve esserci una nuova norma, deve essere per i risparmiatori. Per nessun altro».