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 2019  aprile 06 Sabato calendario

Quattro giorni senza parlare

Tre anni fa ho deciso di provare il mio primo ritiro silenzioso. Dopo varie indagini ho capito che non ero pronta per un’esperienza estrema come dieci giorni di mutismo assoluto. E ho scelto una soluzione intermedia: quattro giorni in un hotel monastero dalle norme non troppo punitive. Il nome, Eremito, era una garanzia. Queste le regole: obbligo di spegnere i cellulari, divieto di conversare nella zona notte e silenzio durante i pasti. Assoluto. Dopo poche ore ero alla finestra cercando d’intercettare un segnale con il telefono. A distanza di tre giorni ero felicissima. L’Eremito si trova in Umbria e la strada per raggiungerlo è sterrata. I miei compagni avevano età varie. Dopo una breve presentazione ci siamo trovati ad affrontare la prova più difficile: la cena. Uno scampanellio ha annunciato la fine del diritto di parola. Il refettorio era d’atmosfera: tavoli in legno e candele accese. Sedersi senza banalità del tipo «Vai tu per primo» o «Preferisci guardare fuori?» creava una galanteria muta genere Ridolini. Due camerieri, silenti come sfingi, ci hanno servito deliziose pietanze. Lo straniamento dei commensali era uno spettacolo: un tipo fissava il bicchiere ipnotizzato, un altro giocava con il tovagliolo. Io, per distrarmi, mi facevo film sulle vite degli altri. Anche dire grazie ai camerieri sarebbe stato liberatorio. Ma purtroppo impossibile. Sgranocchiare il pane provocava una eco clamorosa. Per non parlare del coltello sul piatto. Dopo un’ora il suono della campana ci ha reso liberi. Dialogare, a quel punto, sembrava superfluo. Ci siamo salutati piombando nel silenzio delle celle. Il sogno di tutti è dormire in un’oasi di pace? Non illudetevi. Mi sono rigirata nel letto come un’ossessa chiedendomi perché fossi finita in quella prigione silenziosa. Sotto il cuscino il maledetto cellulare inutilmente acceso. Una notte infernale ma, dal secondo giorno, la strada si è fatta in discesa. I pasti, da prove terrificanti, hanno cominciato ad essere un piacere. Il sonno è arrivato ristoratore. Il momento di parlare si è trasformato in una innaturale condizione rispetto al silenzio. L’ultima colazione l’ho fatta pensando che dal pasto successivo avrei parlato. E, improvvisamente, ho sentito quanto ero felice così. In silenzio.