la Repubblica, 6 aprile 2019
Parla Umberto Orsini
Le tante donne amate ma anche gli uomini che hanno segnato la sua vita sono raccontati nell’autobiografia “Sold out” Il grande attore a 85 anni fa un bilancio della carriera alla vigilia del debutto teatrale con “Il costruttore Solness” di Ibsen Intervista di La sola apparente stonatura è l’età. Come si fa ad avere 85 anni quando si è un attore elegante, levigato, allegro e di dotti pensieri? Umberto Orsini sembra avere una bacchetta magica, e invece – valga come lezione per i giovani – ha semplicemente entusiasmo, passione e la forza di astrarsi dagli ego smisurati degli artisti. Piemontese di Novara, ha saputo scegliere i migliori: Visconti, Fellini, Zeffirelli, Ronconi... capolavori come L’Arialda, Metti una sera a cena, Vecchi tempi, I Masnadieri, Servo di scena a teatro, al cinema La caduta degli dei, Ludwig, indimenticato Ivàn nei Karamazov tv di Sandro Bolchi ancora cliccato sul web. Amico di Judi Dench, Ian McKellen, Rod Steiger, Laurence Olivier, vanta perfino un fugace incontro con Orson Welles. «Sì, la vita è stata molto generosa nei miei confronti». Lo confessa in Sold out, l’autobiografia che il 12 uscirà da Laterza con un intervento affettuoso di Paolo Di Paolo: fitta di incontri e aneddoti attraversati da riflessioni sull’imminente debutto, Il costruttore Solness di Ibsen al Piccolo di Milano il 16 aprile. «Uno spettacolo diverso, particolare, non realistico, quasi magico». Un altro dei suoi lavori coraggiosi con un regista di generazione e poetica distante dalla sua, come fu con Pippo Delbono, Pietro Babina e oggi, appunto, Alessandro Serra. «Solness – dice – lo hanno fatto Ralph Fiennes in Inghilterra e John Turturro in America. È la storia faustiana di un vecchio che si illude di prolungare la vita oltre i limiti del tempo. Una vicenda anche di inganni e passioni proibite per una giovane ragazza, Hilde, che è Lucia Lavia». Scandaloso? «Sottilmente vorrei che lo fosse. Si parla di un vecchio signore a cui l’arrivo della ragazza, un bacio di tanti anni prima, provoca un’accelerazione di desiderio, come fosse una pastiglia di Viagra che cancella la paura della differenza d’età… A un’anteprima una signora che è venuta a complimentarsi mi ha detto “Scandalo??? Nooo, anzi vorremmo essere tutte la ragazza”». Le avrà fatto piacere. «Sì, ma avrei preferito lo scandalo. Ho sempre voluto mettermi in gioco, ma ho dovuto lottare col mio fisico: prima perché ero carino, oggi perché non mi accorgo dell’età. Gioco a tennis e mentre nel mio circolo è pieno di vecchietti che giocano il doppio, io faccio ancora il singolo. Amo la fatica». Basta per arrivare a essere “Umberto Orsini”? «Forse sono anche un coraggioso, ma ancorato. Ok le sfide, ma tornando sotto il tetto di casa. E poi credo di aver avuto l’intelligenza di saper scegliere: la Compagnia dei Giovani, Visconti...». Meglio Visconti o Ronconi? «Ronconi è l’uomo più intelligente che ho conosciuto ma avere un rapporto umano con lui era impossibile. Con Luchino sì». Visconti si innamorò di lei? «No. E nemmeno Franco Zeffirelli che stimo molto, neanche De Lullo, Romolo Valli, lo stesso Luca. Sì, Giuseppe Patroni Griffi mi amava, ma sapeva che l’omosessualità non era una mia tentazione. Forse nell’infanzia, quei due episodi che racconto nel libro...». Eppure li ricorda perfino con rispetto verso i due uomini. «Peter, il soldato inglese, e Corrado che giocava a calcio e mi baciò. Rileggendo l’episodio nel libro, mi pare di averlo raccontato quasi da innamorato: l’immagine di lui che parava come un angelo, un po’ alla Testori. Chissà, forse in quegli anni ho sfiorato l’omosessualità, amicizie che potevano sfociare in qualcos’altro, ma poi c’era la famiglia: “col lì l’è cupia”, un gay, e qualunque sentimento veniva sporcato». E non ne fu traumatizzato. «No, anzi, mi hanno reso forte. La mia sfida era frequentare i “cupia”, i miei amici Dado e Nello con cui in realtà non c’era niente di gay. Poi andai all’Accademia e la cosa finì lì». Perché nel libro parla più di Virna Lisi che di Ellen, una delle gemelle Kessler? «Forse non ho voluto parlare troppo delle donne della mia vita per pudore verso di loro e verso la mia compagna di oggi, più giovane di me. Con Virna Lisi non ci fu niente. Sono invece molto legato a Valentina Sperlì. Quanto a Ellen la scintilla scoccò a Milano; io le confondevo e non capivo mai quale delle due era quella non fidanzata... Fu una storia molto vissuta sui rotocalchi. In amore sono sempre stato precario, poche convivenze. Ho amato molto Rossella Falk, amanti e poi grandi amici. Una diva. Lei, Valentina Cortese, Romy Schneider. Entravano e spostavano l’aria. Gli anni con Rossella all’Eliseo, di cui 18 con la mia direzione, sono stati i più belli». Come il Solness di Ibsen, lei ha paura dei giovani? «No, mi piace Elio Germano, anche Accorsi, Favino, Marchioni, bravi al cinema, ma a teatro non vedo che portano la croce. Quanto a me, mi sento sicuro di ciò che ho fatto. Non sono mai caduto. Non è poco. E il motivo è perché ho desiderato ma con parsimonia, in modo da non sentirmi troppo onnipotente, ma nemmeno deluso».